NAPOLI — «Aiutatemi a prendermi cura della mia Anna». L’appello disperato è quello di una mamma di San Gennaro Vesuviano, che da anni lotta per assistere degnamente una figlia colpita da una sindrome estremamente rara e conosciuta come Klippel Trenaunay Weber (meno di dieci i casi in tutto il mondo). Sia chiaro, Angela Ambrosio (questo il nome della madre disperata) non chiede elemosine, ma solo ciò che in un paese civile le spetterebbe di diritto. Un sostegno per alleviare il dolore della sua ragazza e per rendere dignitosi gli anni che le restano da vivere.
ANNA, DICIOTTO ANNI – La Klippel Trenaunay Weber è infatti una malattia che non lascia scampo, per la quale non ci sono ancora cure. In questo momento Anna (in foto con la mamma, ndr), che il 29 agosto ha compiuto 18 anni, vive in una condizione paragonabile a quella di un malato terminale di cancro. La malattia le causa infatti dolori atroci, sanguinamenti, necrosi, infezioni e metastasi in tutto il corpo. E anche se l’afasia che la colpisce non le consente di esprimersi come chiunque altro, «è perfettamente consapevole di cosa le accade – spiega la madre -. Riesce a farsi capire con parole semplici, anche solo con uno sguardo. Ma io non posso fare nulla se non abbracciarla e trasmetterle il mio amore». Impossibile per mamma Angela anche solo pensare di regalarle una cena fuori per il suo diciottesimo compleanno, visto che la famiglia vive in una condizione di assoluta indigenza. Dovendo badare 24 ore su 24 ad Anna, infatti, la Ambrosio non ha mai potuto trovare un lavoro degno di questo nome. Ad aiutarla solo l’altra figlia: Pina, che a 22 anni si dedica con amore alla sorella più piccola. Dimostrando un coraggio e una maturità non comuni.

DUE DONNE SOLE – Due donne sole, abbandonate dal resto della famiglia che non ha mai accettato un fardello tanto pesante, e dalle istituzioni che solo dopo innumerevoli visite hanno riconosciuto alla giovane un accompagnamento di 490 euro al mese. «Circa 360 euro li spendo per il fitto di casa più spese – spiega la Ambrosio -, con le medicine va via anche quel poco che riesco a guadagnare con lavori saltuari». Un dramma nel dramma se si considera che strutture pubbliche capaci di assistere Anna in Campania praticamente non esistono. «Nei suoi primi anni di vita – aggiunge Angela – non sono mancati i ricoveri, poi però solo il suggerimento di ricorrere alla terapia del dolore. Ricordo che andai e i medici consigliarono di provare con gli oppiacei. Nel giro di 24 ore mia figlia ebbe un blocco renale e sfiorò la morte. I medici mi dissero che non potevano fare nulla per mia figlia e che se si fosse aperta qualche nuova prospettiva mi avrebbero chiamata». Da allora, però il telefono non ha mai squillato.

CHE GLI ENTI RACCOLGANO L’APPELLO – Inutili anche gli appelli alla politica, le mille e-mail e lettere mandate da Angela al Comune e alla Regione per chiedere aiuto. Nessuna risposta, o al massimo qualche promessa. Ora, avendo “festeggiato” il suo diciottesimo compleanno, Anna ha acquisito il diritto alla pensione di invalidità. Ma anche per questo sono state richieste visite con tempi d’attesa lunghi. «A settembre – conclude Angela – ho inoltrato la documentazione necessaria. La visita mi è stata fissata per il 15 novembre. Mi rendo conto che esiste una burocrazia, ma tre mesi per noi sono stati veramente tanti. Speriamo che non si arrivi al nuovo anno. La pensione di invalidità non risolverebbe la situazione ma almeno ci darebbe una boccata d’aria». Resta comunque il problema dell’assistenza, che non c’è, per una giovane donna alla quale viene negato il diritto di poter vivere e morire in un modo dignitoso.

di Raffaele Nespoli (corrieredelmezzogiorno.it)

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