ROMA – «Scusa mamma. Mi sento oppresso, non ce la faccio più. Ti prego perdonami». Poche righe affidate al suo profilo-ombra su Facebook. La donna non le aveva ancora viste quando la segreteria della scuola frequentata dal figlio – un istituto a Roma Sud – le ha telefonato ieri mattina alle 11. «Il ragazzo ha avuto un incidente, l’hanno portato in ospedale», le hanno detto. Forse il giovane, 16 anni, non pensava che sarebbe sopravvissuto al volo di 7-8 metri, dal terzo piano della scuola. Ma non si era accorto che nel parcheggio c’era la microcar di un compagno di classe che ne ha attutito la caduta. Ma non il dolore. Sia fisico che psicologico. Quello più profondo perché provocato da insulti e prese in giro, a scuola e fuori, e più indietro nel tempo – fin dalla sua adolescenza – dal trattamento spietato che gli riservava il padre che non sopportava l’idea di avere un figlio gay.
Una vicenda che riporta alla mente il suicidio di un altro studente, sempre a Roma, nella stessa zona della città. Anche lui si era tolto la vita perché deriso dai compagni di scuola, ma poi si era scoperto che non era omosessuale. Forse questa volta, proprio per il clamore che ebbe quella storia, il Garante della privacy ha esortato i media, la polizia e l’ospedale ad «astenersi dal fornire informazioni e dal riportare dettagli eccessivi, raccolti anche online, che possano rendere identificabile il ragazzo». Ecco perché ci limitiamo a raccontare che il sedicenne, di origine romena, vive a Roma con la mamma da quando aveva un anno. Che i genitori sono separati, che il padre è tornato da tempo nel suo Paese, ma che – come hanno accertato gli investigatori della polizia – finché è rimasto con il figlio ha cercato in ogni modo di annichilire quello che sentiva e provava. Al punto di farlo andare con le sue «fidanzate», di provocarlo e umiliarlo con frasi del tipo: «Esci con qualche ragazza invece di stare sempre insieme con i maschi».
Un bombardamento che il giovane ha subìto per anni e che – c’è un’inchiesta della procura affidata al pm Eugenio Albamonte che dovrà appurarlo – avrebbe continuato a subire anche fra i banchi di scuola. Ieri lo studente si è confidato per l’ultima volta con l’amica del cuore poi, all’improvviso, si è lanciato da un terrazzino accanto alla sua aula all’ora di ricreazione. Ma non è morto. È ricoverato in ospedale in prognosi riservata con le gambe fratturate e un profondo trauma cranico. La polizia non ha ancora potuto ascoltarlo perché fino a tarda sera era sotto sedativi dopo essere stato operato. Accanto a lui la madre, sconvolta, qualche amico e alcuni insegnanti. ù
«È un miracolo che sia ancora vivo», sottolineano i vertici dell’ospedale. «L’ha fatto perché viene sempre deriso a scuola», hanno confermato i compagni di classe. Un ragazzo «fragile, taciturno, ma molto sensibile», lo descrivono altri giovani. Un sedicenne che non ha più retto alle provocazioni. Il sindaco uscente Gianni Alemanno è andato a trovarlo in ospedale e lo ha invitato in Campidoglio appena starà meglio. «Mi sono limitato a dirgli che Roma gli è vicina, che si trova in mezzo ad amici e che non deve sentirsi in un ambiente ostile», ha spiegato il primo cittadino mentre il suo rivale del centrosinistra al prossimo ballottaggio Ignazio Marina si è augurato su Twitter che «nessuno in questa città sia più vittima di discriminazioni. Non sei solo».
Il Gay Center ha offerto al ragazzo assistenza psicologica. «Abbiamo svolto un’indagine sulle scuole italiane e abbiamo scoperto che il 50 per cento degli studenti omosessuali ha subìto maltrattamenti», ha rivelato il portavoce dell’associazione Fabrizio Marrazzo, mentre il presidente di Equality Italia Aurelio Mancuso si chiede: «Lo Stato che fa? Al di là delle belle solite parole, la politica continua a rimandare misure adatte a contrastare per legge l’omofobia e a mettere in campo nelle scuole un’azione permanente di educazione alle differenze».

di Rinaldo Frignani (corriere.it)

 

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