mapucheNAPOLI – I Mapuche sono gli abitanti amerindi originari del Cile Centrale e Meridionale e del Sud dell’Argentina che hanno subito la colonizzazione spagnola alla fine del 1500, come del resto tutta l’America Latina, e sono l’unica etnia sopravvissuta alla colonizzazione essendo la più grande.
Come tutte le minoranze etniche, i Mapuche hanno visto con il passare del tempo assottigliarsi sempre di più il loro spazio vitale, la terra, la loro principale fonte di lavoro e guadagno, da cui viene anche il loro nome che letteralmente significa “gente della terra”; dal 1540 ad oggi, infatti, i loro possedimenti sono passati da 31 milioni di ettari a 300 mila. Ci sono voluti 300 anni per determinare nel 1882 la “pace” tra i coloni spagnoli e i Mapuche, la guerra dell’Auraco è ricordata, infatti, come la guerra più lunga della storia.
Nell’ultima battaglia 10.000 Mapuche furono uccisi e scacciati dall’Auracania, quelli che sopravvissero all’occupazione furono costretti a rifugiarsi nelle montagne. Con l’assimilazione del loro territorio e la confisca statale delle loro terre, i Mapuche sono stati costretti nel tempo a spostarsi nella zona urbana. Oggi, infatti, il 70% di questa etnia vive in città, anche se la loro tradizione e la loro essenza più forte si esprime nelle regioni rurali al Sud del Cile dove questi popoli usano incontrarsi.

Ad oggi nessuna etnia indigena è riconosciuta dalla Costituzione Cilena, nonostante i Mapuche rappresentano il 13% della popolazione totale, ed hanno una loro bandiera. Nel 1993 però con la promulgazione della legge indigena è cominciato un processo di valorizzazione, protezione e rispetto delle culture di questi popoli. L’occasione di conoscere questo coraggioso popolo e la loro battaglia è stato un incontro con quattro giovani giornalisti cileni, Paula Huenchumil Jerez l’unica Mapuche di sangue, Paulina Jara Gómez, Ivo Dragojevic Hidalgo e Matías Adonis Fossemale, realizzato nell’ambito di un programma di ricerca, cooperazione ed educazione internazionale condotto dalla Cattedra Transdisciplinare UNESCO Sviluppo Umano e Cultura di Pace, l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’Università Federico II di Napoli e Università degli Studi di Firenze.
Paulina e di suoi colleghi, oltre a raccontare di come il popolo Mapuche oggi cerca di conservare e tramandare le sue tradizioni attraverso le attività associative presenti nelle città hanno mostrato attraverso un’indagine sui principali quotidiani cileni, La Cuarta ed El Mercurio, il loro problema di minoranza legato anche all’informazione pubblica. La loro ricerca è durata un anno: i giovani giornalisti hanno confrontato e analizzato i due quotidiani cileni rispetto al trattamento delle informazioni legate a 5 grossi eventi mostrando come i contenuti, la qualità e la rilevanza dell’evento mettevano in risalto solo gli aspetti negativi dei Mapuche.
La loro tesi porta alla luce una palese manipolazione dell’informazione, di certo un problema che non riguarda solo il Cile ma che in presenza di minoranze etniche che cercano di non rimanere ai margini sociali risulta ancora più grave.
L’incontro è stato promosso dall’ICOMOS International Council on Monuments and Sites, Consiglio Italiano dei Monumenti e dei Siti, in collaborazione con la Società Campana beni Culturali Scabec, Sono intervenuti Ottavio Lucarelli, presidente Ordine dei Giornalisti della Campania, Maurizio Di Stefano, presidente ICOMOS Italia, Luigi Petti, segretario ICOMOS Italia, Paolo Orefice, Università di Firenze e Maura Striano, Università degli Studi di Napoli Federico II.

di Caterina Piscitelli

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