ROMA. In un rapporto sul Mali, diffuso oggi dopo aver svolto, a luglio, una missione di 10 giorni nel paese, Amnesty International ha documentato decine di sparizioni, uccisioni extragiudiziali e torture commesse dalla giunta militare nei confronti di soldati e poliziotti fedeli all’ex presidente Tourè,  coinvolti nel tentativo di contro-colpo di stato del 30 aprile. Nei giorni successivi al fallito tentativo di rovesciare la giunta militare del capitano Sanogo, numerosi soldati vennero arrestati e portati alla base militare di Kati, 20 chilometri a nord della capitale Bamako, quartier generale della giunta. Almeno 21 detenuti vennero prelevati nottetempo dalle loro celle e di loro non si e’ più saputo nulla. Gli altri furono trattenuti in condizioni terribili e sottoposti a torture e abusi sessuali per oltre 40 giorni.
«Le autorità del Mali hanno il dovere di indagare su tutti i casi che abbiamo documentato. I responsabili delle brutali vendette contro i promotori del tentato contro-colpo di stato devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni»,  ha dichiarato Gaetan Mootoo, ricercatore sull’Africa occidentale di Amnesty International.  Amnesty International ha raccolto i nomi dei 21 detenuti scomparsi nella notte tra il 2 e il 3 maggio. Uno dei loro compagni di prigionia ha raccontato:  «Alle 2 del mattino, hanno aperto la cella. Le guardie hanno iniziato a leggere una lista di nomi. A mano a mano, le persone chiamate uscivano fuori. Non abbiamo saputo più nulla di loro».
SOLDATI RAPITI. Amnesty e’ anche preoccupata per la sorte di un gruppo di soldati rapiti dai militari fedeli alla giunta il 1° maggio, mentre erano ricoverati nell’ospedale Gabriel Tourè di Bamako. Nonostante le sue richieste, l’organizzazione per i diritti umani non ha potuto ottenere i loro nomi ne’ informazioni su dove attualmente si trovino. I soldati arrestati all’indomani del tentato contro-colpo di stato del 30 aprile furono detenuti nella base militare di Kati in condizioni disumane e degradanti: 80 persone stipate in una cella di cinque metri quadrati, in mutande, costretti a fare i bisogni in buste di plastica e privati del cibo durante i primi giorni di prigionia.  Un ex detenuto ha denunciato i metodi di tortura usati per estorcere le confessioni:  «Ci hanno detto di ammettere che volevamo fare il colpo di stato. Ci hanno fatti sdraiare, faccia in giu’, con le mani dietro la schiena legate ai piedi. Uno di loro ci ha infilato uno straccio in bocca spingendolo giu’ con un bastone. Non riuscivamo neanche a urlare. Ci hanno spento le sigarette addosso, uno di loro me l’ha spenta dentro un orecchiò.  Un agente di polizia, che faceva parte del gruppo dei detenuti, ha descritto gli abusi sessuali:  «Eravamo in quattro. Ci hanno ordinato di spogliarci completamente e di sodomizzarci gli uni con gli altri, altrimenti ci avrebbero ucciso. Mentre eravamo costretti a compiere quegli atti, le guardie ci urlavano di farlo più velocemente».  Nel 2009, il Mali ha ratificato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata. Pertanto, ha sottolineato Amnesty International, le autorità del paese hanno l’obbligo di rendere noto dove si trovino tutti i poliziotti e i soldati scomparsi all’inizio di maggio.

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