Stando agli ultimi dati Istat circa il 34% dei diversamente-abili con un’età compresa tra i 25 ed i 44 anni vive con i genitori. Il 17% di essi con uno solo. Nel 90% dei casi la famiglia rappresenta il perno fondamentale. In Italia di soggetti diversamente-abili se ne contano circa 2 milioni. Ma cosa ne sarà di loro quando i genitori saranno troppo anziani per supportarli e sostenerli nella quotidianità? E’ la domanda che si sono posti gli studenti del corso in “Uffici Relazioni con il Pubblico e Uffici Stampa per la Pubblica Amministrazione e Non Profit” tenuto dalla Professoressa Gaia Peruzzi, relativo al corso di laurea specialistica in Comunicazione e Pubblicità per Pubbliche Amministrazioni e Non Profit dell’Università “Sapienza” di Roma. Il percorso, che si proponeva di far sperimentare agli studenti un’attività di scrittura giornalistica e di stimolare le capacità di riflessione critica sulle proprie competenze di ricerca, ha visto il tema del “Dopo di Noi” come perno centrale dell’attività laboratoriale. Gli studenti hanno da un lato raggiunto i propri obiettivi formativi, ma dall’altro si sono trovati di fronte ad una incredibile “mappatura” del problema lungo tutto lo Stivale. Ecco perché Comunicare il Sociale sceglie di proporre ai suoi lettori questa serie di reportage che indagano le eccellenze, le buone prassi ma anche le falle e le difficoltà che ogni giorno le famiglie con figli diversamente abili si trovano a dover affrontare.

“VERSO IL FUTURO”…MA NON E’ SOLO UNA SPERANZA, E’ UNA ONLUS ED A ROMA FA SUL SERIO

di Viviana Toia

Tra i circa 435 mila soggetti del mondo non profit stimati dall’Istat, sono diverse le associazioni italiane impegnate sul “Dopo di noi”. La “Fondazione Italiana Verso il Futuro Onlus” è stata una delle prime realtà a sperimentare delle risposte innovative al problema per le persone con sindrome di Down ed altre disabilità cognitive. La Fondazione è nata a Roma nel 1997 su iniziativa di un gruppo di famiglie che 20 anni prima avevano creato l’Associazione Italiana Persone Down e attualmente ha 3 case famiglia in convenzione con il Comune di Roma e due progetti sperimentali: “È una associazione che è partita e continua ad essere gestita da familiari, per questo c’è una sensibilità estrema ai bisogni degli ospiti e delle famiglie”, spiega la dottoressa Stefania Mazotti, psicologa e responsabile dei progetti della Fondazione: “Lo sforzo è quello di mantenere gli ospiti in contesti simili a quelli familiari e di offrirgli in età adulta, un percorso di autorealizzazione nell’area affettivo-relazionale, in quella lavorativa e in quella residenziale, per aiutarli a realizzare un percorso di vita autonomo”. La dottoressa Mazotti afferma inoltre: “Il primo ostacolo che incontriamo è soprattutto quello economico, prima ci si poteva muovere in una situazione di compartecipazione, infatti noi abbiamo usufruito di diversi finanziamenti, adesso è sempre più difficile. Il fund raising deve essere sempre più incrementato, e si è dovuto aumentare il contributo delle famiglie nei progetti sperimentali. Inoltre si sono bloccate le convenzioni per l’apertura di nuove strutture e dobbiamo ipotizzare l’apertura di strutture autofinanziate dalle famiglie, che hanno dei costi tali da diventare insostenibili”. La fondazione tende sempre ad una complementarietà ai servizi pubblici piuttosto che ad un’alternativa, ma spiega la dottoressa Mazotti: “La collaborazione da parte dell’ente pubblico deve essere quella di aprirsi a fondazioni come la nostra, perché associazioni e fondazioni di familiari sono quelle che sono portatori di un bisogno più sentito e vanno dunque ascoltate”.

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