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Precari dei call center, flash mob in tutta Italia

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ROMA – Flash mob con  cuffia e microfono; niente bandiere di partito, niente sigle sindacali. Per scendere in piazza il 6 aprile, i lavoratori precari dei call center indosseranno solo gli auricolari, il ferro del mestiere indispensabile per parlare al telefono per tutto il turno, isolati dal mondo intorno. Questa è la prima iniziativa del neonato Coordinamento Nazionale degli operatori di call center. Se ne stimano intorno alle centomila unità in tutta Italia e  rischiano di perdere il posto di lavoro perchè le aziende per cui lavorano in outsorcing, cioè in appalto, stanno scegliendo di delocalizzare i loro servizi in paesi esteri, come Albania, Croazia, Romania dove il costo dei lavoratori-operatori è inferiore a quello corrisposto in Italia.
I NUMERI – Sono quelli che rispondono ai clienti per conto dei grandi operatori di telefonia fissa e mobile o li chiamano per proporre offerte e promozioni nel settore più largo di utenze e servizi. Ingaggiati a singhiozzo, così i datori di lavoro eludono l’obbligo di assumerli in pianta stabile,  vengono chiamati dalle agenzie interinali con contratti di 1, 3, 4, 6 mesi con orario part time di 4 ore al giorno per 500 euro al mese, di 6 ore per 700 euro o full time per 1100 rischiano seriamente di perdere quel poco che hanno. Per farsi vedere e sentire, loro, che sono abituati a parlare al telefono in piccole cabine solitarie, animeranno, sabato prossimo a partire dalle ore 18.00 un flash mob in contemporanea a Roma – centro commerciale Cinecittà 2, Napoli – piazza Plebiscito; Palermo – Piazza Politeama; Catania piazza Università.
LA SITUAZIONE – Una protesta autorganizzata, nata dal basso, che ha preso il là fra i lavoratori dell’azienda Almaviva, una delle più grandi operanti in Italia nel  settore del custom care con  sedi a Napoli, Catania, Milano, Trento, Torino e che annovera fra i suoi clienti la Vodafone intenzionata a delocalizzare il servizio di cura del cliente appena fuori dai confini italiani a Fiume in Croazia lasciando a casa centinaia di operatori italiani. Sono la  generazione dei nati dopo il 1970, entrati in un mercato del lavoro in rapido cambiamento e sempre più povero di tutele e di certezze; si sentono stufi e sfiniti ed hanno deciso di alzare la testa dalla loro solitaria postazione telefonica.

di Laura Guerra

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