foto_ragazziFOGGIA- Un’estate all’insegna della solidarietà, dell’ascolto, del servizio. Un’estate scomoda, sporca, faticosa. Fatta di sudore, di terra, di momenti mai oziosi. E’ l’estate degli oltre novanta ragazzi che alle seduzioni del mare e della montagna hanno preferito un’esperienza di lavoro, d’incontro e di condivisione con l’altro. E sono arrivati da tutta Italia nel tavoliere delle Puglie. Perché nel cosiddetto “Ghetto di Rignano”, il villaggio di cartone e lamiere a pochi chilometri da Foggia, i migranti hanno bisogno di loro. Hanno bisogno di qualcuno che li ascolti, che li aiuti, che gli insegni anche qualche parola di italiano. Specialmente dopo un’intesa giornata trascorsa con la schiena china sui campi a raccogliere pomodori, a vedersi stracciare i propri diritti di braccianti agricoli.
IL CAMPO DI LAVORO- Anche per questo è nato “Io C Sto”, il campo di servizio promosso dai Missionari Scalabriniani e dall’Ufficio Migrantes di Siponto con l’obiettivo di favorire scambi interculturali e di avvicinare i giovani volontari ai temi dell’immigrazione. Del resto, gli oltre settecento migranti che popolano il Ghetto di Rignano sono quasi tutti africani, delle zone francofone. Arrivano dal Senegal, dal Mali, dalla Guinea Bissau, dalla Costa d’Avorio. Alcuni di loro sono rimati lì tutto l’inverno. Senza acqua potabile, senza riscaldamento, senza bagni chimici. Ed ora che è arrivato il gran caldo, i disagi igienico-sanitari ed i problemi legati allo sfruttamento lavorativo rischiano seriamente di aumentare. Di qui, l’esigenza di allestire per il sesto anno consecutivo un presidio fisso di diritti, di animazione, di informazione. Un presidio che trova spazio proprio tra le capanne del villaggio africano. «Ma in Africa, in Mozambico per esempio, vivono molto meglio. Non in queste condizioni. E si vergognano di come vivono, della miseria in cui sono costretti a vivere. Sono anni che puntualmente denunciamo questa situazione, ma continua a permanere lo stato di emergenza». A parlare è padre Arcangelo Maria, missionario scalabriniano e promotore dell’iniziativa. Uno di quei sacerdoti che anziché aspettare preferisce andare incontro al migrante, al viandante. E lo fa, portandosi dietro una carovana di oltre 90 ragazzi che, dal 28 luglio al 9 settembre, si alternano in gruppi settimanali per garantire la continuità dei servizi.
LE ATTIVITÀ- Ogni giorno, dunque, i volontari di “Io C Sto” si immergono in una in’intesa giornata di servizio scandita da due momenti principali. Il primo, all’interno dell’Albergo Diffuso, la struttura che accoglie 35 migranti stagionali con regolare permesso di soggiorno che contribuiscono alle spese di gestione. E’ qui, infatti, che i ragazzi dedicano alcune ore «alla formazione personale con un momento di preghiera e di condivisione, seguito dalla divisione dei lavori di pulizia, manutenzione e cucina che si svolgono all’interno del luogo che ci ospita e di attività di integrazione per gli immigrati presenti» spiega Concetta Notarangelo, della rete “Io C Sto”. Il pomeriggio, invece, il gruppo di volontari si sposta al Ghetto di Rignano. Ad attenderli ci sono anche alcuni bambini giunti al villaggio con i loro genitori impegnanti nella raccolta dei pomodori. Per loro, i ragazzi riservano giochi ed animazione ludica. Quasi una festa per i piccoli che vivono tra capanne di cartone e polvere che penetra in gola. Ma l’attività concentra le proprie energie soprattutto per gli adulti. «Quando i più grandi tornano al villaggio dopo tante ore di lavoro – aggiunge Notarangelo – hanno ancora la forza per seguire un corso di alfabetizzazione e di scuola informale, perché sanno che la conoscenza della lingua è importante per integrarsi e per conoscere meglio i loro diritti».
LO SPORTELLO LEGALE- Non a caso, le parole lavoro e diritto non vanno molto d’accordo da queste parti. Caporalato, sfruttamento e schiavitù sono fenomeni con cui quotidianamente devono fare i conti i migranti reclutati nei settori dell’agricoltura. Ed allora, nell’ambito del campo “Io C Sto” ogni lunedì pomeriggio sono presenti gli Avvocati e gli Psicologi di Strada. I primi per offrire consulenze ed orientamento legale; i secondi, per sostenere psicologicamente i migranti più fragili, volubili, sensibili per lo stato in cui vivono. «Le maggiori questioni che ci sottopongono i cittadini immigrati riguardano i documenti ed il lavoro. Molti sono irregolari, richiedenti asilo o con il permesso di soggiorno scaduto. Altri, il 90% di quelli che incontriamo, – rileva Claudio de Martino, del pool degli Avvocati di Strada – lavorano sotto lo schiaffo dei caporali. E molti di questi, lamentano di non aver ricevuto retribuzione o perché i proprietari dei fondi agricoli non hanno pagato o perché i soldi li hanno trattenuti i caporali». Ed anche a voler far causa non è cosa semplice: «Il più delle volte – evidenzia de Martino – i braccianti non conoscono neanche il nome del datore di lavoro perché sono chiamati ed accompagnati nei campi direttamente dai caporali senza possibilità di scelta».
LA ROUTE AL GHETTO- Una scelta completamente diversa, dunque, da quella dei volontari che hanno deciso di mettersi al servizio dei migranti e conoscere meglio i loro problemi per completare un cammino di formazione personale. Come i gruppi scout Agesci di Milano 68 e 99. «Durante l’anno abbiamo svolto un capitolo sull’immigrazione e volevamo trovare un ambito di servizio attinente per andare oltre la teoria o interventi limitati – dice Stefano Bianchi, capo clan dei due gruppi scout – . I ragazzi volevano toccare con mano le situazioni di difficoltà, e così dopo una ricerca su internet abbiamo deciso di svolgere la Route estiva al Ghetto di Rignano». Dove hanno trovato «una realtà molto difficile da immaginare. Ma è molto bello il contatto che si sta creando con i migranti nelle diverse attività: dall’animazione con i bambini al corso di italiano per i grandi, per finire alla ciclo-officina indispensabile – conclude Bianchi – per insegnare ai braccianti come si ripara la bicicletta evitando di dover ricorrere al caporale per avere un passaggio al lavoro o in città». La speranza, però, è che la questione Ghetto trovi presto delle risposte che facciano rima con legalità e accoglienza. Una delle ipotesi resta «quella dell’autocostruzione di abitazioni eco-compatibili con balle di paglia e di legno. La Prefettura di Foggia e la Regione Puglia – ricorda Notarangelo – si stanno mostrando sensibili all’argomento e potrebbe diventare una delle possibili soluzioni da adottare».

di Emiliano Moccia

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