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REGGIO EMILIA – Nel gennaio 2004 con la legge n.6, è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico la figura dell’amministratore di sostegno. La legge è rivolta a quanti ” per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica si trovino nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi”». Per tali persone (anziani malati non autosufficienti, soggetti con handicap, malati psichiatrici, etilisti, tossicodipendenti, ludopatici, malati terminali, ecc.) il giudice tutelare nomina una persona – l’amministratore di sostegno – che ha cura della persona e del suo patrimonio per un periodo determinato, che non può superare i dieci anni.
L’effetto della legge è di aver individuato una nuova figura nell’amministratore di sostegno, chiamata non a sostituire, ma ad avere cura della persona inferma momentaneamente. Una figura completamente nuova, ma principalmente diversa e opposta al tutore, e all’interdetto. Nel caso dell’interdizione, la capacità legale del tutore è totale e assoluta. Gli inconvenienti di questa legge, vecchia ormai di due secoli, sono tanti: onerosità del procedimento, mancanza di privacy (le sentenze sono annotate nel registro di stato civile), difficoltà per l’interessato di difendersi, ma soprattutto, spesso inutili ed eccessive conseguenze tecniche. L’interdetto non può sposarsi, né fare testamento, né regalare un oggetto a un amico, né riconoscere un proprio figlio naturale, né ottenere un impiego pubblico. Qualunque contratto da lui stipulato può essere reso nullo. Misure spesso sproporzionate, etichette odiose, che le famiglie sono le prime a temere per i propri cari.
Con la figura dell’amministratore di sostegno, il contesto delle garanzie, è completamente diverso e assicurato dal ruolo del giudice tutelare. Il percorso per accedervi è molto semplice e in più gratuito. La nomina dell’amministratore avviene entro sessanta giorni dalla richiesta da parte del giudice tutelare. La richiesta di un amministratore di sostegno può essere avanzata dallo stesso soggetto beneficiario oppure dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, dal curatore o dal Pubblico ministero.  Un particolare importante che la legge prevede è anche il coinvolgimento dei responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, questi possono fare direttamente richiesta al tribunale, ove ce ne fosse bisogno. L’amministratore di sostegno, oltre a garantire un percorso personalizzato al soggetto interessato, propone alla comunità un ruolo attivo e di responsabilità, in accordo con i pubblici servizi e le istituzioni.  La legge si appella, infatti, all’intero sistema dei servizi sociali e sanitari, alle associazioni di volontariato.
A Reggio Emilia, tra le primissime associazioni di volontariato, DarVoce, che in collaborazione con il Tribunale, il Comune, l’AUSL e altre associazioni, grazie ad un primo finanziamento del Ministero delle Politiche sociali, ha realizzato il progetto “ L’amministratore di sostegno trova casa”.  Il progetto prevede il potenziamento su tutto il territorio delle attività di sviluppo dell’istituto dell’amministratore di sostegno e di reclutamento dei volontari, sia per il ruolo di amministratore di sostegno sia per quello di volontario di sportello.  “Sia il Tribunale di Reggio che l’Asl ci hanno segnalato che la figura stava velocemente prendendo piede e c’era molta richiesta di volontari, quindi le varie associazioni con le quali collaboriamo ci hanno chiesto di lavorare per diffondere gli Ads sul territorio”, dice Anna Ganapini di DarVoce. “Infatti, l’Ads può essere nominato fra i membri della famiglia dell’assistito, ma il numero di richieste ha spinto alla formazione di volontari che possano ricoprire questo ruolo. I dati del 2012 parlano, per tutta la provincia di Reggio Emilia, di almeno 1.168 pratiche attivate, e attualmente si pensa di estendere la figura non solo agli anziani, ai disabili e ai malati psichiatrici, ma anche a quei soggetti in recupero da una dipendenza, allargando ancora di più le competenze dell’Ads”. Il ruolo delle associazioni diviene importante e fondamentale per l’intero progetto. Sono, infatti, le associazioni, al momento, le uniche a garantire sia il reclutamento dei soggetti civili attivi, tramite campagne di  comunicazione e di presentazione del progetto sul territorio, e sia la formazione di questi attraverso corsi e seminari. “A oggi – comunica l’associazione DarVoce- sono circa 1.000 le persone coinvolte, 2.500 le ore di apertura dello sportello presso il Tribunale, 350 i cittadini che si sono rivolti allo sportello e oltre 400 le ore solo di consulenza telefonica”

di Paola Amore

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