“Emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale”, queste le parole del direttore dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, preoccupato per la rapida diffusione, “attraverso nuove modalità di trasmissione, di cui sappiamo troppo poco”, del vaiolo delle scimmie. A partire da maggio 2022, si sta registrando un numero elevato di casi in Europa e in altre regioni del mondo, che destano crescente preoccupazione nella comunità scientifica.

Nuovo agli onori della cronaca per la sua diffusione in Occidente, il vaiolo delle scimmie è stato scoperto per la prima volta nel 1958, quando si sono verificati due focolai di una malattia simile al vaiolo in colonie di scimmie allevate per la ricerca, da cui il nome “vaiolo delle scimmie”. Il primo caso nell’uomo è stato identificato solo nel 1970, in un bambino della Repubblica Democratica del Congo. Endemico in diverse zone dell’Africa centrale ed occidentale, solo di recente si è presentato in Europa, negli Stati Uniti e in diversi paesi del mondo. I numeri, secondo l’Oms, sono preoccupanti: 17000 infezioni in 74 Paesi in poco più di un anno, secondo il Centers for Disease Control and Prevention USA. I maggiori focolai sono localizzati nel Regno Unito, in Canada, in Spagna e negli Stati Uniti. In Italia, la diffusione sembra ancora sotto controllo. Registrati ad oggi 400 casi di infezione, secondo il Ministero della Salute. La vaccinazione non sembra al momento raccomandata, anche se richiesta a gran voce da molti paesi. Rispetto al ben più temuto vaiolo umano, eradicato nel 1980, il suo parente lontano si presenta con una sintomatologia più lieve e con una mortalità nettamente inferiore, anche se non trascurabile (3-10% contro 30-35%).

Generalmente, il vaiolo delle scimmie, o monkeypox (MPX), viene trasmesso da animali, probabilmente roditori, all’essere umano. Ciò può avvenire tramite morsi o un contatto stretto con animali infetti e i loro secreti. Nel caso dell’attuale focolaio, invece, la malattia viene trasmessa principalmente da persona a persona, mediante il contatto stretto con un soggetto infetto. La trasmissione avviene attraverso la cute e le mucose, attraverso il contatto con vescicole e lesioni cutanee, goccioline respiratorie e persino attraverso oggetti contaminati di recente, come indumenti, asciugamani o lenzuola. Solitamente, il periodo d’incubazione della malattia varia da 5 a 21 giorni, e si è contagiosi dalla comparsa dei primi sintomi fino alla totale scomparsa dell’eruzione cutanea. Normalmente, la malattia ha un decorso blando: la maggior parte delle persone colpite si ristabilisce nel giro di poche settimane. Le persone immunodepresse, le donne incinte, i bambini e le persone anziane non vaccinate contro il vaiolo in passato sembrano avere un maggiore rischio di decorso grave.

Tra le rare complicazioni del vaiolo delle scimmie vi sono infezioni batteriche secondarie come la polmonite, la setticemia, l’encefalite o l’infezione della cornea. Attualmente, non esiste un vaccino specifico contro il vaiolo delle scimmie, tuttavia i vaccini contro il vaiolo di prima e seconda generazione, somministrati nell’ambito del programma di eradicazione di questa malattia, offrono una protezione efficace. Per l’immunizzazione contro il vaiolo negli adulti, in Europa e negli Stati Uniti, è stato autorizzato un vaccino di terza generazione che offre una buona protezione (attorno all’85%) anche contro il vaiolo delle scimmie. Secondo alcuni ricercatori, la maggiore diffusione della malattia potrebbe essere proprio una conseguenza dell’interruzione delle vaccinazioni di massa contro il vaiolo umano. Intanto, in attesa di conoscere i futuri sviluppi della malattia, per scongiurare il rischio di una nuova pandemia, con validità fino al 31 dicembre 2022, il Ministero autorizza l’immissione in commercio temporanea del vaccino “Jynneos”, prodotto dall’azienda danese Bavarian Nordic, già approvato dall’Ema nel 2013 per la prevenzione del vaiolo.

di Valerio Orfeo

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