GINEVRA. Donne e lavoro, l’equazione non funziona tanto in Italia, ma la situazione non migliore nel resto del mondo. Il Rapporto dell’Ilo (“Tendenze globali dell’occupazione femminile 2012”), fa un’analisi delle differenze di genere dal punto di vista della disoccupazione, occupazione, partecipazione alla forza lavoro, vulnerabilità e segregazione professionale e settoriale. Globalmente, secondo l’Ilo,  prima della crisi le differenze di genere in termini di disoccupazione e rapporto impiego-popolazione si stavano attenuando. La crisi ha invertito questa tendenza nelle regioni più colpite. «Nei paesi industrializzati- si legge nel rapporto-,  la crisi sembra aver colpito maggiormente gli uomini che lavorano nei settori legati al commercio rispetto alle donne che lavorano nel settore sanitario e dell’istruzione. Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, le donne sono state colpite più duramente nei settori legati al commercio».

I DATI. Secondo il Rapporto dell’Ilo, dal 2002 al 2007, il tasso di disoccupazione femminile era del 5,8%, rispetto al 5,3% degli uomini. La crisi ha aumentato questa differenza dallo 0,5% allo 0,7%, ed ha di fatto distrutto 13 milioni di posti di lavoro delle donne.
La differenza di genere nel rapporto impiego-popolazione è diminuita leggermente prima della crisi, ma rimane elevata a 24,5 punti. «La riduzione – sottolinea l’Ilo -è stata particolarmente significativa in America Latina e Caraibi, nelle economie avanzate, in Africa e Medio Orien». Nel 2012, la percentuale di donne in impieghi vulnerabili (lavoratori familiari non remunerati e lavoratori in proprio) è del 50% rispetto al 48% di uomini. Ma, queste differenze, sono più ampie in Nordafrica (24%) e in Medio Oriente e Africa sub-sahariana (15%). Nelle economie avanzate, l’occupazione femminile nell’industria si è dimezzata, raggiungendo una presenza dell’85% nel settore dei servizi, soprattutto nell’insegnamento e nella sanità. «L’indicatore sulla segregazione professionale mostra che le donne continuano ad essere confinate in particolari tipologie di professioni. Si è registrato un calo di questa tendenza nel corso degli anni ’90, mentre negli ultimi dieci anni la situazione si è stabilizzata».

IL FUTURO. Il Rapporto raccomanda l’estensione delle misure di protezione sociale per ridurre le vulnerabilità delle donne, investimenti nello sviluppo di competenze e nell’istruzione, e politiche per promuovere l’accesso all’occupazione. Sempre il documento dell’Ilo enumera una serie di raccomandazioni per aiutare le famiglie a superare i pregiudizi di genere nelle decisioni relative al lavoro e a diminuire le disparità di genere nel mercato del lavoro. Eccole: migliorare le infrastrutture per ridurre il carico di lavoro domestico. A seconda del livello di sviluppo, questo può riguardare l’aumento della disponibilità di elettricità e di acqua, di servizi sanitari, strade e trasporti; fornire servizi per la cura, in particolare quelli destinati ai bambini;  equilibrare le differenza di genere nel lavoro retribuito e non retribuito, principalmente attraverso programmi che promuovano un’equa ripartizione delle responsabilità familiari.
Ed ancora. riconsiderare i costi-benefici nella specializzazione di genere, soprattutto garantendo che le imposte e le sovvenzioni non creino disincentivi per le famiglie con due fonti di reddito;  compensare le disuguaglianze in termini di opportunità di impiego tra donne e uomini, in particolare con misure volte ad eliminare l’impatto negativo delle interruzioni di carriera attraverso congedi di maternità retribuiti e il diritto a ritornare al proprio posto di lavoro. Infine, promuovere campagne di sensibilizzazione per combattere gli stereotipi legati al sesso e garantire l’applicazione della legislazione contro la discriminazione.

di Walter Medolla

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