Un divario infrastrutturale e quindi sociale, con una differenza notevole di opportunità tra le aree del Paese: il Centro-Nord più tutelato e il Sud sempre più in difficoltà a causa anche dei tagli dei decenni passati che hanno inciso di più. È quanto rilevato dallo Svimez, l’associazione privata senza fini di lucro che si occupa di studiare le condizioni socio-economiche del Mezzogiorno, approfondito nell’ambito dell’incontro denominato “Un Paese, due scuole’’ tenutosi nella sede della Casa di Vetro di via delle Zite a Forcella. La scelta della location non è un caso: il quartiere Forcella, nel cuore di Napoli, è infatti l’emblema di un territorio pieno di risorse umane e professionali troppo spesso inespresse che lascia in ghiacciaia la speranza di migliorare. La Casa di Vetro, creata grazie al decisivo contributo de l’Altra Napoli Onlus e fondi privati, va invece nella direzione della concretezza in favore dei giovani del posto. A parteciparvi oltre al direttore dello Svimez Luca Bianchi e al presidente Antonio Giannola, il vicepresidente de l’Altra Napoli Onlus Antonio Lucidi, la preside dell’Istituto Statale Ristori Stefania Colicelli e il vicesindaco di Napoli Laura Lieto.

La sproporzione sulla mensa – Base di partenza per giustificare il titolo “Un Paese Due Scuole’’, la sproporzione delle ore passate a scuola da due alunni di quinta elementare di due aree diverse del Paese nati nel 2012: Carla che studia a Firenze e Fabio che studia a Napoli. In un video realizzato dalla Svimez con il contributo del giornalista Antonio Fraschilla viene mostrata tutta la differenza tra i due casi. Carla a Firenze ha avuto la possibilità di frequentare in un anno 1226 ore a scuola, 200 ore in meno quelle garantite a Fabio nella città di Napoli. Motivo? La possibilità per Carla di poter usufruire di un servizio mensa garantito per tutto l’arco dell’anno scolastico, fare sport all’interno di una palestra e seguire 1200 ore di formazione. Al contrario, a Napoli, Fabio è stato molto spesso costretto a portarsi il cibo da casa senza poter andare in palestra semplicemente perché il suo edificio scolastico ne è sprovvisto. Meno strutture, meno servizi significa troppo spesso meno opportunità future e anche la possibilità, nel caso di Fabio, di sviluppare l’obesità. D’altronde, i dati raccolti e diffusi dalla Svimez anche stamattina sono inequivocabili. Al Sud circa 650.000 studenti delle scuole primarie statali non beneficiano del servizio mensa, per una percentuale pari al 79% a fronte del 18% di chi vi accede rispetto al 48% del Centro-Nord. Nella sola Campania se ne contano 200.000 (l’87%), in Sicilia la percentuale è dell’88%, in Calabria dell’80%, in Puglia del 65%. Per fare un raffronto con le altre zone del Paese: gli alunni senza mensa in Toscana non superano il 15%, il 18% in Piemonte. In termini generali il divario è il seguente: Mezzogiorno 78,82%, Centro-Nord 46,53%.

Il divario anche sulle palestre Rimanendo al video incipit dell’incontro “Un Paese, due dcuole’’, il divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord si nota anche sulla dotazione delle palestre negli edifici scolastici. Al Sud circa 550.000 allievi, pari al 66% frequentano scuole senza palestre (in Campania 170.000 e cioè il 73% del totale, l’81% in Sicilia e l’83% in Calabria). Al Centro-Nord la mancanza di palestre a scuola si ferma al 54%. Conseguenze anche qui tangibili: nel Meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso, un ragazzo su cinque nel Centro Nord.

La perdita di alunni e i tagli agli investimenti Sempre secondo i dati Svimez, tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-NordLa spesa per gli investimenti è calata al Sud di un terzo, il 23% totale nel Centro-Nord. La spesa pro capite per gli alunni del Sud è di 100 euro inferiore rispetto a Nord e a al Centro: 5080 contro 5185 e quella per gli investimenti per ogni alunno è 34,6 al Sud contro 51 del Centro-Nord. Questi numeri ci portano a quelli, oltremodo pesanti, della perdita degli studenti in classe dalla materna alle superiori nel periodo preso in esame 2015-2020. Il Sud ha perso 250.00 unità, il Centro-Nord 75.000.

Gli interventi Per Antonio Lucidi, vicepresidente de l’Altra Napoli Onlus parlare di “Un Paese, due scuole’’ significa parlare di una scuola al Sud «carente di strutture rispetto al resto d’Italia, della capacità di attrarre i giovani, perché ha maglie larghe e troppo spesso non riesce a contrastarne l’abbandono degli studi, ed ancora perché la scuola non riesce a trovare sbocchi, una volta terminati i percorsi, nel mercato del lavoro». La soluzione, aggiunge Lucidi, «è la sinergia tra il mondo del terzo settore, la scuola, le famiglie. Nel caso di Forcella è capitato grazie all’opera della preside della Ristori Colicelli e grazie al nostro impegno. Il buco c’è e va colmato per permettere alle menti più brillanti di poter incidere. Mi viene in mente in questo senso – dice ancora il vicepresidente de L’altra Napoli Onlus – dell’opera di restauro della chiesa della Compagnia della Disciplina della Santa Croce che ha coinvolto gli studenti della nostra università con quelli olandesi. La sinergia lì ha funzionato». Dal canto suo Luca Bianchi, direttore di Svimez, afferma: «Per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il PNRR è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali. La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono» conclude Bianchi. Sul campo, in trincea tutti i giorni ci sono dirigenti scolastici come Stefania Colicelli della Ristori di Forcella. «Non è giusto – le parole tra le altre pronunciate nel suo intervento prima delle testimonianze di due mamme del quartiere che da anni hanno scoperto la magia del teatro grazie all’impegno dell’insegnante e operatrice teatrale Marina Rippa – che al Sud   un bambino di 3 6 o 7 anni impari a mangiare al banco e non al tavolo perché mancano i refettori qui. Ha senso che condivida quel momento con la maestra e gli amici in un luogo idoneo e non che lo faccia in altro modo. La Ristori ce l’ha il refettorio nella scuola dell’infanzia ma poi gli alunni subiscono lo shock al passaggio alla scuola elementare perché lì mangiano in aula, subendo un fenomeno che si chiama regressione anziché progredire». Secondo la preside, il nocciolo della questione riguarda «l’edilizia scolastica a Napoli, in Campania, al Sud. Ci sono i soldi del Pnrr ma mancano i progettisti, siamo a febbraio e non si è fatto nulla per contrastare la dispersione scolastica». A mancare, chiosa la Colicelli, sono invece i fondi del funzionamento amministrativo. Sapete quanto abbiamo ogni anno? 20.000 euro e senza la nostra creatività non potremmo fare alcun progetto, da quello della robotica a quelli in sinergia con varie realtà di Napoli. È ora di far sentire pesantemente la nostra voce, partendo dai dati rilevati dallo Svimez».

di Antonio Sabbatino

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