«È davvero una brutta pagina, quella che è stata scritta.  Forse qualcuno non sa cosa voglia dire squarciare vivo un bambino per tentare di curarlo dalla sua grave malattia e dirgli addio per sempre, come successo a me e tanti altri genitori». Marzia Caccioppoli, fondatrice del comitato “Noi genitori di tutti” nato dopo la morte di suo figlio Antonio di 10 anni nel 2013, è a dir poco indignata per la decisione della Corte di Cassazione di annullare il decreto di confisca dei beni che la Corte di Appello di Napoli aveva emesso nei confronti dei fratelli Pellini – Giovanni, Cono e Salvatore –condannati nel 2017 in via definitiva a 7 anni di reclusione per disastro ambientale. Gli avvocati difensori degli imprenditori avevano sollevato l’obiezione che il decreto con cui la Corte d’Appello aveva deciso per la confisca era arrivato fuori il tempo massimo, ossia dopo la scadenza dei 18 mesi previsti per legge. Vista la condanna i tre imprenditori del settore dei rifiuti, che grazie all’indulto e vari benefici hanno comunque scontato soltanto pochi mesi di galera, sono stati ritenuti tra i maggiori responsabili del grosso inquinamento ambientale nell’area di Acerra e dintorni. Si tratta del territorio inserito nel perimetro della Terra dei Fuochi che include Napoli Nord nella sua quasi totalità e parte del Casertano. Con la sentenza della Corte Cassazione i Pellini torneranno in possesso del proprio patrimonio il cui valore ammonta, secondo alcuni calcoli, ad oltre 220 milioni di euro.

La rabbia- Marzia Caccioppoli, commentando la decisione dei giudici con la voce di chi non si arrende, ma con l’umore cupo per uno smacco impossibile da sopportare, si chiede: «Lo Stato è complice di tutte le morti causati dall’inquinamento nella Terra dei Fuochi? Anche la Procura di Napoli Nord, va ricordato, tre anni fa aveva riconosciuto l’alta incidenza di inquinamento ad Acerra e delle terre circostanti. C’è collusione tra le istituzioni e certi soggetti? Quanto deciso significa che i delinquenti possono fare quello che vogliono contando sull’impunità? Forse non ci si rende conto della gravità della situazione». Marzia porta con sé il dolore lanciante di aver dovuto dire addio troppo presto a suo figlio Antonio, morto a 10 anni il 2 giugno 2013 a causa di Glioblastoma. Si tratta di composto da un eterogeneo insieme di cellule tumorali. La patologia colpisce soprattutto gli adulti ma in questo caso ha aggredito sino a portarlo alla morte dopo atroci sofferenze un’anima innocente, non ancora adolescente. «Non voglio arrendermi, ma mi sento tanto demotivata» confessa Caccioppoli che si lascia andare a una riflessione intrisa di uno spavento condivisibile: «E se la sottoscritta e gli altri che hanno contrastato i soggetti riconosciuti come avvelenatori andranno incontro alla loro vendetta? Restituire tutti quei milioni di euro a personaggi significa dargli nuovamente potere, non solo economico facendola passare liscia. E tutto questo, nonostante i comitati abbiano fatto approvare una legge sugli ecoreati».

La voglia di non arrendersi- Lo sgomento prevale, ma la voglia di non arrendersi fa ancora capolino. «Noi non ci fermiamo – promette Marzia – quanto accaduto non può passare sotto silenzio, così non viene data giustizia ai nostri morti. Ma chiedo alla società civile e a tutti i cittadini di essere presenti, ognuno di noi si sta addormentando ma l’essere umano non si deve rassegnare». Nei prossimi giorni verranno decisi dai comitati le iniziative pubbliche da mettere in campo dopo quanto deciso dalla Corte Cassazione. Tra le prime ipotesi di risposta allo shock della sentenza di restituzione dei beni ai Pellini, l’invio di una lettera al Procuratore di Napoli Nicola Gratteri per metterlo a conoscenza della situazione. Marzia Caccioppoli conclude: «Io vivo a Casalnuovo, territorio che nel 2015 venne riconosciuto come quello a più alta incidenza tumorale per l’infanzia. Quanto sta accadendo ha del surreale, sono ore davvero di sconforto».

di Antonio Sabbatino

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