cie_ROMA – Costrette a prostituirsi, segregate, spesso stuprate e picchiate. È la storia di migliaia di immigrate «deportate» con l’inganno in Italia da connazionali senza scrupoli. Vittime della tratta a cui, nel nostro Paese, capita anche di subire un sorta di violenza «istituzionale». Appartiene infatti a questa categoria l’80% delle straniere rinchiuse nei Cie. Basta non avere i documenti, per diventare «ospiti» dei Centri di identificazione ed espulsione. E le vittime della tratta i documenti non li hanno mai, perché vengono loro sottratti dagli sfruttatori. Il dato è contenuto in uno studio del Medu – Medici per i diritti umani – in cui si sottolinea anche che le immigrate costrette a prostituirsi «in alcuni casi sono finite nei Cie pur avendo collaborato con la giustizia».
LE BORSE DI PONTE GALERIA – Nei Centri gli extracomunitari, di entrambi i sessi, trascorrono il tempo in attesa dell’espulsione. «I divieti di possedere anche una penna, un libro o un giornale penalizzano gli immigrati», spiegano i responsabili dell’organizzazione impegnati l’anno scorso in un tour di tutte le strutture italiane, da quella di Trapani a quella di Gradisca d’Isonzo. Solo a Ponte Galeria, il Cie più grande d’Italia alle porte della Capitale, alcune cinesi sono riuscite a impiegare il tempo in modo costruttivo: hanno deciso di organizzare la fabbricazione di borse artigianali utilizzando posate di plastica, lenzuola monouso e prodotti per l’igiene. Ma il loro è un caso isolato.
 
NEI CIE POSTI LIBERI – Dei 7.944 stranieri trattenuti nei Centri di immigrazione ed espulsione italiani circa la metà sono stati rimpatriati nel corso del 2012. Ma in più di mille sono riusciti ad allontanarsi dalle strutture, mentre la novità è che le strutture non sono più piene, anzi hanno sempre posti liberi. «È assurdo però – sottolinea lo studio – che solo nel 2011 ci siano stati 494 stranieri comunitari, ovvero romeni, fra le persone rinchiuse nei Cie. Soltanto a Ponte Galeria sono state un migliaio fra il 2010 e il 2012».
GLI PSICOFARMACI – Nell’insieme il rapporto – chiamato Arcipelago Cie – conferma «in modo univoco – spiegano dal Medu – la palese inadeguatezza dell’istituto della detenzione amministrativa nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti. Il sistema Cie si dimostra anche fallimentare perché scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare». Oltre alla questione del tempo vuoto, sotto accusa, secondo l’organizazione indipendente c’è l’assistenza sanitaria. Metà degli ospiti – «visto che li chiamano ancora così» – infatti fa uso di psicofarmaci forniti dagli enti gestori.
CROLLO DEI COSTI E DEI SERVIZI – Non manca il problema dei costi. «Nel 2011 – dicono ancora dal Medu – i centri sono costati 18,6 milioni di euro, senza contare le spese per le forze dell’ordine impegnate nella vigilanza. Nel 2012 le gare d’appalto per gli enti gestori sono state al ribasso, con un crollo della qualità dei servizi. A Crotone ogni ospite costa 21 euro al giorno, prima in media in Italia era di 70 (a Roma è 41 euro). Questo vuol dire che aumentano i rischi di rivolte e disordini, con danneggiamento delle strutture e quindi, paradossalmente, l’aumento di altri costi».
«I CENTRI? INUTILI» – Secondo il Medu, insomma, i Cie devono essere chiusi per inadeguatezza strutturale e funzionale e il trattenimento dello straniero ai fini di rimpatrio deve essere ridotto a misura eccezionale. Al posto dei centri bisognerebbe «adottare nuove misure di gestione dell’immigrazione irregolare con rispetto dei diritti umani e maggior razionalità ed efficacia, con diversificazione delle risposte per categorie di persone, gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, nonché incentivazione della collaborazione fra immigrato e autorità».

Rinaldo Frignani per corriere.it

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