mediciNAPOLI – Yusuf Okur ha solo 9 anni ma per un giorno ha potuto coronare il sogno della sua vita, diventare un giocatore di pallacanestro professionista. Il bambino soffre di Paralisi cerebrale infantile, una malattia che non gli ha permesso di sviluppare completamente il proprio sistema nervoso centrale e gli causa difficoltà nel linguaggio e nel movimento. Yusuf è stato messo sotto contratto dal Galatasaray per un giorno e ha potuto giocare al fianco dei suoi idoli durante un incontro dell’Eurocup. Come Yusuf, anche in Italia, molti bambini soffrono di paralisi cerebrale infantile, la malattia neurologica più diffusa nell’infanzia, presente in un bambino ogni 500 nati. La patologia è causata da un danno cerebrale permanente che colpisce il bambino molto precocemente, quando è ancora nel grembo materno o nelle primissime ore della sua vita.  La caratteristica più evidente è la disabilità motoria e posturale che può arrivare, nei casi più gravi, a rendere indispensabile l’utilizzo della carrozzina. In Italia esistono molti centri per la cura di una patologia complessa come la PCI, per cui occorre un approccio multi-interdisciplinare che coinvolga figure professionali mediche e non mediche plurispecialistiche, ma le strutture d’eccellenza sono tutte concentrate a Napoli ed in Campania.

IL CONVEGNO  – «Sulle famiglie l’impatto psicologico di questa patologia è devastante. I bambini nascono con dei danni che si portano dietro per tutta la vita, nei casi più gravi i bambini ed i ragazzi non hanno autonomia, circostanza che grava enormemente sulle famiglie. Ho deciso di dedicare gli ultimi anni della mia carriera proprio alla paralisi cerebrale infantile non solo per i traumi che causa nel bambino e nella famiglia del paziente ma anche per fare in modo che tutta l’Italia riconosca l’eccellenza delle nostre strutture”, spiega Clemente Servodio Iammarrone, professore di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Napoli Federico II. Il docente è stato uno dei promotori dell’incontro “Le PCI: definizione dei percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi”, conferenza dedicata alle nuove frontiere diagnostiche e terapeutiche per la cura della paralisi cerebrale infantile. Il convegno, che si è svolto nell’aula magna di Biotecnologie della Federico II di Napoli venerdì 4 e sabato 5 marzo, si è concluso con una tavola rotonda nata con l’intento di definire una rete regionale di servizi e divulgarla sul territorio a quanti si prendono cura delle disabilità pediatriche. «Sul territorio campano e napoletano – racconta il professore Iammarrone – ci sono diverse specialità che operano anche a ottimi livelli ma sono poco integrate e scarsamente note non solo agli operatori ma anche ai genitori dei bambini che, per ottenere analoghe prestazioni, si rivolgono a strutture operanti in altre regioni. Questo comporta un dispendio economico per le famiglie e un aggravamento della spesa sanitaria regionale. A Napoli è possibile eseguire valutazioni specialistiche multidisciplinari, programmare ed effettuare adeguate terapie per la prevenzione e la cura delle deformità correlate alla malattia, oltre che trattamenti  riabilitativi anche con tecnologie innovative come la riabilitazione robotica, presente al Santobono Pausilipon».

GLI OBIETTIVI – Il Santobono, in particolare, è al primo posto in Italia per un investimento di oltre 26 milioni di euro di fondi europei per l’acquisto di attrezzature per la riabilitazione pediatrica ed uno dei centri d’eccellenza in Italia per la neurochirurgia. «Se il 40% dei pazienti che si curano fuori dalla nostra regione scegliessero i centri campani e napoletani si riuscirebbe a recuperare all’istante la somma spesa», puntualizza il professore Iammarrone. Un risultato del genere sarebbe raggiungibile soltanto con la nascita di una rete regionale di servizi, «che accolga – prosegue il docente – alcune necessità, quella di sviluppare una coordinazione forte ed intelligente tra i centri della regione e di sviluppare un dialogo “operativo” nell’ambito delle singole equipe e tra le varie strutture istituzionali pubbliche e private che sono coinvolte nella presa in carico dei bambini. E’ necessaria, inoltre, una campagna di informazione in grado di coinvolgere utenti ed istituzioni per frenare l’esodo extraregionale e utilizzare in maniera ottimale e razionale le risorse presenti sul territorio regionale. Sto parlando di un impegno comune di enti, associazioni e società scientifiche presenti in Campania teso a diffondere la cultura delle cure appropriate ed efficaci implementando l’efficienza delle strutture preposte alla cura e all’assistenza dei pazienti con PCI». Tra gli obiettivi prioritari del convegno, anche la realizzazione di un registro regionale PCI e di una Carta regionale dei servizi che sia di orientamento ai genitori sulla malattia e le relative cure. «Questa patologia, complessa, ha un’incidenza stabile anche in virtù dei progressi tecnologici ed assistenziali. Eppure, non siamo in grado di stabilire esattamente il numero di casi di PCI presenti nel nostro Paese a causa della mancanza di un registro in Italia. Chiediamo l’istituzione di un registro regionale e con questo primo incontro abbiamo lanciato un primo messaggio ai riferenti della Regione Campania presenti alla conferenza. Ora – conclude il professore della Federico II di Napoli – bisogna costruire questo registro e promuovere altre tavole rotonde che coinvolgano direttamente le associazioni,  trait d’union tra famiglie e strutture ospedaliere e sanitarie del territorio».

 

di Nadia Cozzolino

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