NAPOLI. «Ho un cognome difficile da pronunciare perché i miei genitori sono di origine cinese. Mi sento italiana a tutti gli effetti, perché sono nata e cresciuta qui». Marika, il nome è di fantasia, frequenta una scuola del centro storico di Napoli, crocevia di popoli e tradizioni differenti. Occhi scuri a mandorla e lunghi capelli castani, fornisce piccoli spunti in un tema d’italiano. Nero su bianco in una breve biografia, racconta le sue emozioni nel sentirsi “italiana”. Dodici anni appena compiuti e un’intelligenza spigliata, vive in bilico tra Cina e Italia. Nessun problema d’integrazione, solo un po’ di stanchezza nel frequentare, contemporaneamente, gli istituti scolastici dei due paesi: «I miei genitori vogliono che vada alla scuola cinese, tre volte a settimana, dove ogni sette giorni affronto un esame. Capisco che devo studiare l’italiano e il cinese, ma sono stanca». Con la schiettezza tipica dell’età, si racconta e parla della sua vita, in bilico, tra il paese di origine dei familiari e quello dove è nata e cresciuta. «Mi sento italiana»: è il concetto che ripete più spesso, perché è qui che vive, ha i suoi amici e ne apprezza le uscite, la scuola, il cibo. In Cina ci ritorna ogni anno, d’estate, per incontrare cugini e trascorrere le vacanze con i genitori e il fratellino minore. Il tema della piccola Marika è solo una testimonianza tra tante in un’Italia che ha ancora difficoltà di accoglienza e d’integrazione degli stranieri. Nella sua schiettezza, pone l’accento sulla sua “italianità” lanciando una sfida alla politica per adeguarsi ai cambiamenti contemporanei, dettati dai flussi migratori e dai “nuovi italiani”. Forse, in questa ottica, le recenti parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sulla cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia, segnano un cambiamento, un nuovo corso.
IMMIGRATI A SCUOLA – La storia di Marika, fatta d’integrazione e sentimenti, è solo una delle tante. In Italia, sono oltre quattro milioni e mezzo gli stranieri che risiedono nel Belpaese, secondo i recenti dati forniti dall’Unicef contro le discriminazioni razziali. Di questi, il 22% sono minorenni, seicentocinquantamila dei quali nati in Italia. Settecentoundicimila alunni di cittadinanza non italiana sono iscritti nel sistema scolastico nazionale, equivalente al 7,9% del totale della popolazione scolastica. Ci sono delle variazioni di percentuale tra i differenti ordini scolastici. La scuola primaria registra la maggiore incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti con il 9%, che equivale a oltre 254mila alunni. La quasi totalità degli alunni stranieri, oltre l’85 per cento, è iscritta a una scuola pubblica. Un istituto, come quello frequentata da Marika nel cuore di Napoli.
QUESTIONE DI CITTADINANZA – Ad oggi, un ragazzino nato in Italia da genitori stranieri, non può avere la cittadinanza italiana fino al diciottesimo anno di età. Da quel momento, avrà solo un anno di tempo per fare la richiesta. In caso contrario, dovrà fare richiesta di residenza e risiedere almeno tre anni prima di poterla chiedere di nuovo. Da qui anche l’apertura del Capo dello Stato che è ritornato il mese scorso sulla possibilità di un cambio di passo: «Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un’autentica follia, un’assurdità. I bambini hanno questa aspirazione».
 

di Valeria Rega

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