welfareROMA – Un welfare locale sempre più sorretto dalle associazioni di volontariato e sempre più basato sulle esternalizzazioni dei servizi sociali è quello delineato dalla sesta rilevazione nazionale sul rapporto fra Enti Locali e Terzo Settore presentata oggi a Roma dall’Auser Nazionale. Mentre diminuiscono le risorse che Stato e Regioni versano per i servizi sociali nelle casse dei Comuni, aumenta infatti la tendenza di questi ultimi ad affidare sempre più a cooperative ed associazioni la gestione dei servizi socio-assistenziali.
Secondo l’analisi dell’Associazione che si è basata sulla rilevazione di bandi di concorso e capitolati d’appalto pubblicati dai Comuni negli ultimi sei mesi, da ottobre 2012 a febbraio 2013, la percentuale degli interventi sociali a livello nazionale che vengono gestiti direttamente dai Comuni si attesta al 42%. Una quota che diventa più bassa al Nord-Ovest, dove si riduce al 25,9%, e che sale invece al Sud (53,8%). Se non gestiti direttamente dai Comuni, i servizi sociali sono affidati a Consorzi e Convenzioni per il 21,5% e ad appalti per l’11,8%. Restano poco praticate le forme di gestione associata dei servizi tramite l’Unione dei comuni (3,0%) o la Concessione a terzi (4,0%).

PATTO DI STABILITA’ SOTTO ACCUSA – Aumentano le esternalizzazioni ma diminuiscono le assunzioni. Il ricorso all’affidamento esterno dei servizi fa infatti il paio con la diminuzione, su tutto il territorio nazionale, degli organici dei Comuni, sempre più messi a dieta dal governo centrale e dalla politica del contenimento della spesa. Grande imputato è qui il Patto di Stabilità e i vincoli che ha imposto alle spese per il personale da parte degli enti locali. Che hanno reagito con tre fattori: riduzione degli organici, aumento del carico di lavoro per chi resta, ricorso a un uso sempre più frequente di contratti atipici per gli operatori del settore. Nel periodo analizzato dall’Auser le procedure di assunzione attivate dai Comuni più grandi per l’erogazione di servizi socio-assistenziali hanno privilegiato le forme dei contratti a termine e delle prestazioni occasionali, facendo ricorso al lavoro accessorio e agli inserimenti socio-lavorativi. Assistenti sociali, educatori, psicologi si sono visti offrire contratti sempre più precari: su 196 casi, 76 volte si è trattato di contratti di collaborazione occasionale, 53 di tempi determinati, 39 di contratti a progetto. Solo in 28 casi si è trattato di assunzioni a tempo indeterminato.
IL FLOP DELLE REGOLE – A fronte di un settore pubblico che per l’assistenza ad anziani, minori, adulti in difficoltà ricorre sempre più a cooperative e volontariato, non corrisponde il giusto riconoscimento per gli attori del terzo settore. Nonostante i Comuni abbiano trasferito alle imprese sociali e alle associazioni di volontariato la gestione dei servizi per una spesa pari a 6,165 milioni di euro, il dossier Auser lamenta una totale inadempienza degli enti locali nella creazione di regole trasparenti che consentano al Terzo settore di garantire servizi di qualità ai cittadini e di svolgere un ruolo attivo nella programmazione sociale. Un dato? Nel 2012 meno del 50% dei Comuni ha confermato con specifiche linee guida per gli operatori comunali il ruolo e la funzione del volontariato. E solo la metà dei Comuni dispone di un albo delle organizzazioni di volontariato.

di Antonella Migliaccio

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