Forse per convincere gli ultimi scettici ci volevano solo loro, gli scienziati attivisti di Scientist Rebellion. Provengono da tutto il mondo, appartengono ad una varietà di background scientifici diversi e sono uniti dall’urgenza e dal senso di responsabilità che la loro professione impone. Anche loro manifestano per esortare i governi ad attuare politiche che favoriscano la transizione ambientale e che scongiurino il collasso climatico. Come i cugini di Extinction Rebellion, si battono per la decrescita, la giustizia climatica e una più efficace mitigazione dei cambiamenti climatici. Hanno l’autorevolezza di chi la materia la studia e la conosce, e forse questo li rende più difficili da ignorare e da attaccare, ma anche loro, come la maggior parte dei gruppi ambientalisti per il clima, non hanno trovato altro modo per far sentire la loro voce, se pur autorevole, che incollarsi all’asfalto, bloccare il traffico o imbrattare monumenti. In camice bianco, ovviamente.

A partire dal 2020, gli attivisti di Scientist Rebellion hanno iniziato a condurre proteste pacifiche, sotto forma di disobbedienza civile, in diversi Paesi. Nell’ambito delle proteste durante la COP26, il 6 novembre 2021, gli attivisti in camice bianco hanno bloccato il ponte George V a Glasgow, mentre nell’aprile del 2022 hanno condotto blocchi stradali a Berlino, per protestare contro l’estrazione di petrolio nel Mare del Nord. Tra le varie battaglie del gruppo, probabilmente, la più significativa risale all’agosto del 2021, quando sono riusciti a far trapelare parti del contributo del gruppo di lavoro del sesto rapporto di valutazione IPCC dell’Onu, prima dell’approvazione governativa (Il rapporto rivelato afferma esplicitamente che il cambiamento incrementale non è un’opzione praticabile e che i cambiamenti comportamentali individuali da soli sono insignificanti; afferma, inoltre, che la giustizia, l’equità e la ridistribuzione sono essenziali per la politica climatica. In sintesi, dimostra che è necessario abbandonare la crescita economica, che è la base del capitalismo).

L’opinione pubblica si stava abituando a vedere, nei “disturbatori climatici”, giovani e ingenui ragazzi in cerca di gloria, e non si aspettava che la linea dell’attivismo climatico “estremo” fosse adottata anche da ricercatori, dottori e professori. Anche se, in sostanza, sia gli attivisti in camice che quelli senza, dicono e fanno esattamente le stesse cose. La loro discesa in campo potrebbe avere, si spera, l’effetto collaterale di addolcire il giudizio sull’intero mondo dell’attivismo climatico: secondo un recente sondaggio, il 75% della popolazione italiana considera gli attivisti che compiono azioni eclatanti per la lotta climatica, poco più che vandali. In poche parole, sono visti più come un problema che come una soluzione. Forse verranno bollati come “Eco-terro-scienziati” e messi anche loro alla gogna, ma sarà comunque più difficile ignorare la disperazione di chi il problema climatico lo affronta per mestiere e che, pur trovandosi in una posizione privilegiata da cui lanciare il messaggio, non ha trovato altri strumenti che la protesta per farsi ascoltare. Forse non trascorreranno 9 ore al commissariato, come è successo spesso ai ragazzi di Ultima Generazione, ma le multe appositamente inasprite e le misure disciplinari personali, come il foglio di via, che colpiscono puntualmente tutti gli attivisti fermati durante le azioni di protesta, non faranno altro che alimentare la forte contraddizione di una comunità scientifica, al servizio dei cittadini e formata con i soldi dei contribuenti, il cui appello e il cui lavoro viene da anni ignorato, fino ad essere talune volte persino denigrato. Da qui la ribellione, per poter dire almeno di aver fatto tutto il possibile per scongiurare una catastrofe annunciata: il collasso climatico e la conseguente sesta estinzione di massa del nostro Pianeta. Non essendo ancora giunti ad una presa di coscienza globale sulla gravita e l’urgenza del problema, il contributo della comunità scientifica in rivolta è un segno importante, che si spera non passi inosservato. Come si può leggere nel loro manifesto “Se noi scienziati non ci comportiamo come se fossimo in un’emergenza, come possiamo aspettarci che lo facciano tutti?”.

di Valerio Orfeo

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