di Antonella Migliaccio*
ROMA. La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dal 1999, il 25 novembre di ogni anno ricorda l’assassinio delle tre sorelle rivoluzionarie Mirabal e, attraverso la loro storia, tutte le donne vittime di violenze e soprusi. In questo giorno si torna a parlare anche in Italia di femminicidio. Una parola dal suono duro, quasi irritante, ma che dà un nome a tutte le violenze fisiche e psicologiche che colpiscono le donne in quanto tali. E non solo. Dietro la parola femminicidio c’è un concetto che fa riferimento al contesto sociale e culturale nel quale maturano i soprusi che le donne subiscono, un clima che contribuisce alla sostanziale impunità di questi atti. A parlare di femminicidio in Italia è negli ultimi tempi il movimento LibeRe – Libertà responsabilità, di cui è presidente la senatrice Pd Anna Serafini, prima firmataria della bozza di legge Norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio. Un concetto che, si legge nel ddl, “comprende, infatti, non solo l’uccisione di una donna in quanto donna, ma ogni atto violento o minaccia di violenza esercitato nei confronti di una donna in quanto donna, in ambito pubblico e/o privato, che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale o psicologico o sofferenza alla donna. L’uccisione della donna è quindi solo una delle sue estreme conseguenze, l’espressione più drammatica della diseguaglianza esistente nella nostra società”. Sotto accusa una società che appare arretrata, incapace di non scadere in una rappresentazione della donna legata a stereotipi di tipo sessista. Dall’intervento sull’opinione pubblica muove infatti il disegno di legge che prevede azioni di sensibilizzazione rispetto al fenomeno della violenza di genere per promuovere una rappresentazione della donna come soggetto portatore di una propria dignità da rispettare. Coinvolti anche i media invitati ad adottare un codice di autoregolamentazione per non fare da cassa di risonanza alle rappresentazioni di rapporti strereotipati fra i generi. Nella legge anche azioni di prevenzione, tutela e protezione delle donne a partire dall’ambito sanitario con la formazione di operatori specializzati a soccorrere donne vittime di violenza o stalking. Nuove misure anche in ambito penale con la proposta di aggravamento delle pene per i reati contro le donne attraverso l’integrazione della legge Mancino con l’aggravante anche per i reati di genere.
L’ISTAT. Tutte misure volte a contrastare un fenomeno che non accenna a diminuire. Nel suo Rapporto annuale l’Istat evidenzia una riduzione generale degli omicidi in Italia. Ma, se la lente di ingrandimento si sposta solo sui reati contro le donne, il calo non si registra. Nel 2011 risultano infatti 137 le donne uccise in Italia, dieci in più rispetto all’anno precedente, mentre solo nei primi mesi del 2012 si contavano già 63 donne uccise da uomini, che spesso sono mariti, compagni o ex. Un fenomeno ancora più grave perché spesso avviene tra le mura domestiche, tra persone fidate, ma probabilmente proprio per questo ancora troppo poco denunciato.

*estratto dal numero di Novembre 2012  di Comunicare il Sociale

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