MILANO. Ventiquattromila. Tanti saranno i volontari coinvolti nella gestione di Expo 2015. Uno ogni 1o5 visitatori. E visto che la stima dei visitatori è stata rivista al ribasso – causa crisi – anche i volontari necessari sono diminuiti (nelle prime previsioni si parlava addirittura di 36 mila persone). Sindacato, non profit ed Expo spa stanno discutendo del ruolo dei volontari e delle modalità di reclutamento. Non si tratta di un confronto scontato. Il prossimo incontro, a cui parteciperanno anche alcuni assessori di Palazzo Marino, è previsto per il 21 novembre, mercoledì prossimo. Da una parte c’è la preoccupazione della società che gestisce Expo di avere garanzie rispetto all’efficienza dell’organizzazione. Far ruotare 24 mila persone che dovranno dare la disponibilità di almeno 16 giorni ciascuna non è uno scherzo. Dall’altra il sindacato confederale chiede che non si sfrutti il volontariato per ridurre i posti di lavoro: l’occupazione generata dall’Expo è preziosa in tempo di crisi. E il volontariato, che ne dice? La prima preoccupazione è legata alle modalità di reclutamento. Una delle ipotesi sul tavolo, caldeggiata da Expo spa, prevede l’affidamento a una società del lavoro somministrato (il lavoro in affitto, per intenderci) sia la creazione della banca dati delle persone disponibili che la formazione dei volontari. Al non profit l’idea non piace. La prima preoccupazione di questo mondo è che Expo sia l’occasione per fare scoprire il volontariato a chi prima lo conosceva solo per sentito dire. Un modo per arricchire la città di nuove disponibilità ed energie per il futuro. L’argomento è più che ragionevole. Ora tocca al non
profit milanese, però, dimostrare di avere le spalle sufficientemente larghe per occuparsi della gestione efficiente dei volontari. D’altra parte, dove tutto questo può accadere se non a Milano? La città ha il più forte e strutturato associazionismo del Paese. Che ora lancia un appello: «Dateci fiducia».
 
di Rita Querzè (Corriere della Sera, edizione del 19 novembre)

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