MILANO. Dove son finiti tutti? Milano si ferma a un milione e duecentomila abitanti, Napoli resta sotto la soglia delle sette cifre (962 mila), a Genova oltre ventimila mancano all’appello. A fare i conti sull’Italia intera, tra le rilevazioni del censimento (59,4 milioni) e i dati dell’anagrafe (61,2), c’è una metropoli fantasma: 1.815.742 persone che risultavano nelle liste dei Comuni, ma che poi nelle verifiche dell’Istat sono scomparse.
Una parte del mistero è già risolta dai numeri: per la maggior parte i missing hanno passaporto straniero. Gli immigrati residenti sono 4,8 milioni, quelli censiti solo 4.029.145. Anche in questo caso, però, sorge il dubbio: dove sono gli altri 800 mila?
Innanzitutto, «le cifre che mancano vanno spalmate fino al censimento precedente, del 2001 — avverte il professor Gian Carlo Blangiardo, demografo alla Bicocca e alla Fondazione Ismu — dunque in 10 anni». Un lungo periodo in cui l’Italia, così com’è collocata, al centro del Mediterraneo, ha fatto da approdo, ma anche da ponte: molti stranieri sono arrivati, tanti altri sono andati via. Qualcuno per tornare in patria, qualcun altro per raggiungere Paesi più a Nord. Soprattutto negli ultimi anni, effetto della crisi, tanto che per il 2011 l’ultimo Rapporto Ismu segnala per la prima volta «crescita zero»: il saldo tra ingressi e uscite è quasi nullo.
Dunque, una parte degli 800 mila è andata via e non ha avvertito l’anagrafe (non è richiesto). Lavoratori licenziati che tentano la fortuna altrove. Mogli e figli arrivati con il ricongiungimento e poi, peggiorate le condizioni economiche, rimandati indietro. Neocomunitari, romeni per esempio, che sono tornati a casa, ma hanno mantenuto la residenza in una città italiana, con l’idea magari di rientrare in stagioni migliori (senza perdere la residenza continuativa che serve, tra l’altro, nelle richieste di cittadinanza). «Difficile quantificare con chiarezza — spiega ancora Blangiardo —, l’errore dell’anagrafe si è accumulato negli anni e non si può dire quanti e quando sono andati via».
È possibile, però, ipotizzare che una quota di migranti sia sfuggita alla verifica? E che quindi alcuni di questi «fantasmi» siano in realtà ancora in Italia?
Lo indica anche il responsabile del Servizio censimento della popolazione dell’Istat, Giuseppe Sindoni: «Il 40 per cento degli irreperibili è straniero». Un milione su 2,3 milioni di persone che non risultavano ai rilevatori. Una parte è stata recuperata: 190 mila. Si torna alla cifra di 800 mila scomparsi, sfuggiti. Perché censire i migranti è oggettivamente più complicato, ammette Sindoni: la lingua, la mobilità, la diffidenza.
«È evidente che i numeri non tornano — osserva il demografo della Sapienza, Antonio Golini —, ma le difficoltà di contare esattamente in un territorio come l’Italia, 8 mila Comuni dalla Val d’Aosta alla Sicilia, sono immense. Quest’anno erano disponibili elenchi di strade per consentire un lavoro più mirato. Ma basta andare nelle periferie romane o torinesi per capire quante persone possano sfuggire. Italiane come straniere». Al punto che potrebbe essere l’ultima rilevazione di questo tipo: per il futuro si pensa di «incrociare tutti i database esistenti, dall’Inps alle utenze telefoniche, e fare indagini a campione», come già accade in Francia o negli Usa.
È un problema soprattutto delle grandi città, sottolinea il demografo dell’Università di Padova, Gianpiero Dalla Zuanna: «Nei piccoli comuni le differenze tra anagrafe e censimento sono minime. Perché il controllo è più forte». Altra faccenda Milano o Roma, «quando bisogna verificare la presenza di centinaia di migliaia di persone». Uno non risponde al citofono, l’altro non compila il questionario, l’altro ancora dimentica di rimandarlo indietro. «Anche nei rilevamenti del passato c’era chi mancava all’appello. Ma le discrepanze erano minori, perché minore era la mobilità». Oggi invece ci si sposta di continuo, i migranti più degli altri: «Cambiano residenza e non lo dicono». Il censimento non li registra, l’anagrafe — che ha tempo fino alla fine del 2013 per adeguarsi ai dati Istat — li cancella. E sono definitivamente scomparsi.

FONTE: ALESSANDRA COPPOLA – CORRIERE DELLA SERA del 04 GENNAIO 2013

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