di Francesco Gravetti
ROMA. Al bando termini stigmatizzanti come “zingaro”, “clandestino” e “vu cumprà”. Al loro posto è meglio usare parole giuridicamente più appropriate che permettono di “restituire al lettore e al pubblico in generale la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri”. Lo dicono le Linee guida sulla Carta di Roma che saranno presentate in anteprima durante i seminari di Fnsi e Redattore sociale, in collaborazione con Unar e che si svolgeranno il 17, 18 e 19 aprile a Milano, Roma e Napoli.
LE “BREVI”. Il documento raccomanda inoltre di evitare informazioni imprecise, sommarie o distorte. Specialmente nelle cosiddette “brevi” ma anche sui pezzi ripresi dalle agenzie o dai dispacci delle questure e organi pubblici, dove si tende a riportare “fedelmente” notizie non verificabili. E si ricorre all’uso delle locuzioni “presumibilmente” e “forse” associate all’appartenenza nazionale o religiosa che andrebbero, invece, sempre evitate. Si invitano, inoltre i giornalisti a partecipare a corsi di aggiornamento e informazione organizzati da organismi di settore (Ordine, sindacato) e da associazioni per un costante aggiornamento sulla terminologia appropriata e sulle dinamiche sociali dell’immigrazione e dell’asilo in Italia.
LE INTERVISTE. Nel caso delle interviste si raccomanda di tenere presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi (nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto) può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media. Bisogna, quindi, comunicare con chiarezza alla persona che decide di rilasciare un’intervista le possibili conseguenze e adottare accortezze specifiche per chi parla in ambito detentivo, nei Cie e Cara (valutando i concreti rischi di repressione successiva al rilascio della testimonianza.). Valutare con sensibilità lo stato di salute e i possibili traumi fisico-psichici della persona, in particolare le donne (gravide o neo-partorienti), e dopo le attività di primo soccorso in mare. Si consiglia, inoltre, di fare ricorso a un mediatore culturale e/o interprete in campo sociale, per riportare con correttezza le informazioni, e il rispetto dell’opinione e delle rappresentazioni culturali dell’intervistato. Nel caso di richiedenti asilo o rifugiati si deve evitare la pubblicazione di tutti gli elementi che possano portare alla loro identificazione, onde evitare di esporli a ritorsioni contro gli stessi e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. “Il solo fatto che rifugiati e richiedenti asilo siano identificabili al di fuori del paese di origine può esporre i familiari a rischio di persecuzione” si legge nel documento. Si raccomanda, infine, agli operatori dei Telegiornali e agli fotografi di non riprendere in volto rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta o di pubblicare le immagini dei volti “fuori fuoco”.

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