ROMA – “La settima arte sospesa tra realtà e dimensione fantastica diventa strumento per entrare in contatto con l’area psicotica”.Credendo in questo concetto, lo psichiatra Federico Russo, come molti altri suoi colleghi, ha scelto da sempre l’audiovisivo come strumento per dialogare con i suoi pazienti, sino ad organizzare circa venti anni fa “Le immagini della mente” rassegna che raccoglieva tutte le esperienze del cinema all’interno dei luoghi di cura. Noto il caso di Renè Spitz. Oggi quell’iniziativa si è trasformata in evento di corti, lungometraggi e incontri sul tema del disagio psichico dal titolo “Lo Spiraglio Film Festival della Salute Mentale”, di cui lui è direttore scientifico e la cui direzione artistica è affidata a Franco Montini.
LA III EDIZIONE DEL FESTIVAL- Promosso da Roma Capitale – Dipartimento salute mentale, Asl Roma – Roma Centro, si svolgerà alla Casa del Cinema di Roma venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno. Ha l’intento di raccontare attraverso le immagini il mondo della salute mentale nelle sue molteplici varietà, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico alla tematica e permettere a chi produce audiovisivi, dedicati o ispirati all’argomento, di mettere in evidenza risorse creative e qualità del prodotto. La macchina organizzativa è composta anche dagli stessi utenti a cui viene data una borsa lavoro, grazie alla Fondazione Roma Solidale onlus, che gli permette di acquisire una professionalità. C’è chi tra i pazienti insieme a un tutor si occupa della parte grafica del catalogo, chi segue la parte web e la gestisce autonomamente con un supervisore esperto del settore. Russo, responsabile a Roma della unità organizzativa semplice di via Palestro, dove opera un Centro di Salute Mentale accanto ad un Centro Diurno, a partire dagli anni Ottanta ha realizzato documentari, ricerche, pubblicazioni sull’uso dei sistemi audiovisivi in psichiatria. Ha studiato le interconnessioni tra cinema e mente con uno sguardo alla reciprocità dei linguaggi, al potenziale scientifico e didattico del cinema in psichiatria.
IL CINEMA NELLA CURA DEL DISAGIO PSICHICO. «Il cinema è un potente strumento di espressione che si incrocia con il simbolismo della follia – continua Russo – imponendo gli schemi rigorosi del reale, il tempo, lo spazio. In tanti lo utilizzano per costruire percorsi riabilitativi. È un attivatore di emozioni». Racconta che diversi anni fa con un gruppo di pazienti il lavoro da svolgere era quello di rappresentare i loro sogni, che poi venivano trattati come piccoli soggetti cinematografici. «Nel sogno sia il mondo del sano che quello del folle è accomunato dalla libertà totale del reale che diventa delirante, dove tutto è permesso. È una psichiatria più attenta alla relazione che al disturbo organico. Immaginiamo la follia come un sistema di difese dal reale. Invece, intendiamo riaprire un campo comune che rompa le barriere della psicosi, ma anche della ragione. In fondo, gli aspetti della follia sono tra di noi, anche se ci fa paura riconoscerlo. Così come dentro il paziente più folle ci sono a volte aspetti di ragionevolezza straordinari». Un approccio che può avvicinare il grande pubblico al disturbo mentale. «Riduce quel senso di inquietudine, di minaccia e confusione che spesso si trasmette attraverso un’informazione mediatica superficiale e più attenta alla notizia, che il più delle volte cade nell’ambito della cronaca nera, focalizzando l’attenzione sulla malattia, meno sulla relazione. L’uomo è portato naturalmente a rinforzare questo aspetto, perché in questo modo allontana da se quelle parti un pò nevrotiche con cui tutti abbiamo a che fare».Il Festival diventa quindi un tentativo di creare un campo comune, un evento terapeutico, in cui l’elemento di fondo è creare una vicinanza.
IN CONCORSO. Le opere selezionate propongono storie d’amore, viaggi alla scoperta di mondi sconosciuti, indagini su dichiarate patologie, ma anche riflessioni sul disagio psichico, con protagonisti di ogni età e ambientazioni che spaziano fino al mondo del calcio. Tra i documentari “Antonio+Silvana = 2”, diretto da Vanni Gandolfo, Simone Aleandri e Luca Onorati, storia d’amore tra i vicoli di Trastevere di due anziani, e “Il canto delle sirene”, di Donato Robustella, viaggio in un mondo fatto di paure, voci e allucinazioni, silenzi e oscurità. Di persone che quotidianamente devono lottare per evitare di essere sopraffatti da una realtà parallela che non permette loro di godere a pieno di ciò che il mondo offre. Tra i corti in proiezione “Anomia”, della Scuola Internazionale di Comics, e “Vite Indegne” di Silvia Cutrera, la storia di Friedrich Zawrel, classe 1929, tra i pochi sopravvissuti al programma nazista di “eutanasia selvaggia” perpetrato da medici e infermieri nei padiglioni psichiatrici dell’ex Spiegelgrund di Vienna. Alla serata finale del festival sarà presente l’attrice Alba Rohrwacher, a cui è stato assegnato il “Premio speciale Lo Spiraglio” per aver incarnato con partecipazione personaggi segnati da problematicità psichiche.
Di Mariangela Pollonio