BARI – Nella sala giunta del Comune del capoluogo pugliese è stato presentato il libro “Irrispettabili. Il consenso sociale alle mafie”, scritto a quattro mani dai magistrati Alfredo Mantovano e Domenico Airoma. I due si domandano quale sia il nostro ruolo rispetto alle mafie. Dalle loro riflessioni viene fuori il pensiero secondo cui non occorre la sola repressione, ma soprattutto un intervento sugli schemi culturali, perché sia chiaro il limite tra rispettabili e non. Per questo partono dall’analisi del contesto sociale, riconosciuto ai clan nelle aree del paese a forte criminalità, che si esprime in tante forme dalla copertura dei latitanti alle canzoni neo melodiche, talvolta inni mafiosi, per arrivare alla costruzione del consenso attraverso le fiction, dove la narrazione rende eroi i boss.
A questi modelli culturali gli autori propongono, piuttosto, delle buone pratiche, scelte semplici, che tracciano una linea di confine tra noi e una complicità non dichiarata, ma silenziosamente riconosciuta.
«A volte basta salire su un autobus per far cambiare realmente il contesto che ci governa – ha detto Mantovano. Mi riferisco all’episodio che ha visto protagonisti gli abitanti di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, che hanno scelto di non partecipare ai funerali della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo, nonostante il sindaco del loro comune avesse messo a disposizione due bus da cento posti, rimasti, invece, vuoti».
La rete sociale è, quindi, intaccata ormai dal sistema mafioso sia culturalmente che economicamente, e il target di riferimento è vario. «Ciò che è singolare da tempo – ha aggiunto il magistrato pugliese – è che in alcune aree non è più il mafioso che cerca di agganciare i giovani, gli imprenditori, i cantanti, i calciatori e così via, ma sono i rappresentanti di queste categorie a ricercarlo.
Si parla da molto della presunta trattativa tra Stato e mafia, ma si dedica poca attenzione alle trattative in corso tra corpo sociale e mafia, le quali passano attraverso le iniziative di esponenti del corpo sociale, che cercano tutela e protezione ancora prima che venga loro offerta. La soluzione esiste. Non bisogna immaginare, però, che su questo fronte possa intervenire sempre il sistema di sicurezza o la magistratura».
Inoltre, secondo Mantovano «i media spesso perdono di vista la sostanza, e si concentrano su aspetti marginali». Come la notizia della figlia di Totò Riina che vende sul web quadri da lei realizzati e pare stia ottenendo un buon riscontro dalla rete.
«Riina è fuori dal giro – precisa Mantovano – è un anziano ex mafioso che da venti anni è in un regime carcerario duro e che già al momento della cattura era dell’ala perdente di Cosa Nostra. Certe enfatizzazioni mediatiche lo riportano, forse senza volerlo, al centro dell’attenzione. Le minacce nei confronti del Pubblico Ministero di Palermo, Di Matteo, vanno in questa direzione. Ma anche in questo caso, quale mafioso di peso e in attività ha mai annunciato un crimine prima di realizzarlo».

di Mariangela Pollonio

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