Durante l’ultimo anno, le cronache dal fronte russo-ucraino ci hanno raccontato la catastrofe umanitaria che la guerra ha provocato in Ucraina e che accompagna puntualmente tutti i conflitti che coinvolgono la popolazione civile. Chi non paga il prezzo della guerra con la propria vita porta sulla sua pelle e su quella delle generazioni future ferite difficili da rimarginare. Dall’inizio del conflitto si sono contate 22000 vittime civili, mentre 17 milioni di ucraini sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per sfuggire all’invasione russa, lasciandosi alle spalle un Paese devastato.

La tragedia umana, sociale ed economica provocata dalla guerra si accompagna ad un un’altra catastrofe più silenziosa ma non meno importante, il disastro ambientale. L’Ucraina, infatti, custodisce uno degli ecosistemi più delicati e preziosi d’Europa: da sola rappresenta il 35% della biodiversità del continente, pur occupandone solo il 6% del territorio. Le sue foreste, le steppe, le paludi e gli habitat salini rappresentano una preziosa culla di biodiversità, che ospita 70000 specie animali e vegetali, delle quali 1400 sono protette perché a rischio estinzione. Dall’inizio del conflitto ad oggi, si contano più di 2000 casi gravi di danneggiamento al patrimonio ambientale, con un costo economico stimabile in 46 miliardi di euro. In questo conteggio rientrano anche i numerosi terreni inutilizzabili a causa delle mine e delle munizioni inesplose, e per la presenza sul suolo di sostanze chimiche tossiche come il fosforo bianco; molti altri, invece, sono stati devastati dal passaggio dei carri armati e dei mezzi pesanti. Il ministero dell’ambiente del governo ucraino stima che la guerra con la Russia abbia causato emissioni di CO2 per 33 milioni di tonnellate, a cui vanno aggiunte altre 23 milioni di tonnellate derivanti dagli incendi. Dopo un anno di guerra, l’Ucraina è già quasi interamente da ricostruire. Gran parte delle infrastrutture, l’intero comparto industriale e commerciale, così come case, scuole e ospedali sono stati ridotti in macerie dai colpi dell’artiglieria. Una volta silenziati i cannoni, sarà necessario fare il conto delle perdite e la stima dei danni. Saranno necessari ingenti sforzi per riedificare l’intera Nazione, soprattutto in termini economici, ma anche di energia e di materie prime: lo scorso marzo, la Banca Mondiale ha stimato in 411 miliardi di dollari il costo complessivo per la ricostruzione dell’Ucraina, una cifra destinata ad aumentare con il protrarsi delle ostilità. Secondo il ministero dell’ambiente ucraino, la ricostruzione delle infrastrutture e degli edifici, una volta terminato il conflitto, potrebbe portare a 49 milioni il conteggio totale delle tonnellate di CO2 emesse in atmosfera.

In uno scenario più ampio, che vede la guerra in Ucraina aver luogo durante la fase più delicata della storia umana a causa del collasso climatico, il solo calcolo dei danni materiali non risulta esauriente, perché non tiene realmente conto dell’impatto che la guerra ha sull’ambiente e sul clima, ma soprattutto sulla già difficile lotta alla crisi climatica. Secondo una visione razionale, l’impatto che il cambiamento climatico sta già avendo, e che sempre maggiormente avrà, sulle società e sulle economie di tutto il pianeta imporrebbe di concentrare le risorse ancora disponibili per favorire una radicale transizione ecologica, che ci aiuterebbe a scongiurare una catastrofe annunciata. Invece, a 6 anni dal punto di non ritorno climatico per rimanere sotto la soglia di +1,5°C, la guerra viene finanziata con le risorse che potrebbero essere destinate alla transizione ecologica. Lo sforzo bellico comporta infatti l’impiego di grandi quantità di energia e di materie prime rare, oltre che di consistenti capitali, destinati, in sostanza, a deflagrare e svanire. Molti degli strumenti di morte che vengono impiegati in battaglia sono realizzati con gli stessi materiali con cui sono costruite le armi a nostra disposizione per combattere il cambiamento climatico. Un esempio sono proprio i panelli solari, la punta di diamante del nostro arsenale, realizzati con gli stessi materiali impiegati nella fabbricazione degli involucri esterni e dei coni terminali dei razzi e dei missili. Oltre a distrarre fondi, materie prime ed energia, la guerra impone l’assoggettamento di tecnologie, ricerca e intelligentiae alla causa bellicista, quando l’urgenza degli eventi ne imporrebbe tutt’altro impiego. Ancora una volta inascoltate, ma più che mai appropriate, sono state le parole pronunciate da Papa Francesco: “Non bisogna far ricorso alla forza delle armi ma alla luce della ragione”.

di Valerio Orfeo

 

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