Il cambiamento climatico sta modificando il Pianeta e coloro che lo abitano. Un dato di fatto che impone a tutte le specie di mettere seriamente in discussione i parametri della normale evoluzione, in favore del più forte istinto di conservazione. In poche parole, adattarsi per sopravvivere. Se l’essere umano è ancora colpevolmente in attesa che arrivi la fase dell’accettazione del problema, molti nostri coinquilini si stanno già adattando alle nuove condizioni climatiche. La lotta per la sopravvivenza, d’altronde, è alla base dell’evoluzione di tutte le specie. In passato, è stato così anche per la specie umana. Anche se ne ha le capacità, l’essere umano non è stato in grado di adattarsi sistematicamente ai cambiamenti climatici come altri esseri viventi, i batteri per esempio.

Proprio l’adattamento dei batteri al cambiamento climatico di natura antropogenica si sta rivelando un’ennesima seria minaccia alla nostra sopravvivenza, già fortemente in discussione. A rischio non è solo la nostra salute.

Lo dice il rapporto “Bracing for Superbugs: strengthening environmental action in the One Health response to antimicrobial resistance”, presentato in occasione del sesto meeting del Global Leaders Group on AMR, dall’United Nations environment programme (Unep). La resistenza microbica fa si che gli antimicrobici usati in medicina, come in agricoltura e in veterinaria, potrebbero non essere più efficaci nel giro di pochi anni, esponendo uomini, piante ed animali alle infezioni, anche di lieve entità. Comuni infezioni, dalle quali sarà difficile guarire.

Si stima così che il doppio degli attuali decessi per infezioni microbiche si potranno verificare già entro il 2050, a meno che non si elimini la causa alla base dell’adattamento dei batteri, l’inquinamento.

«Limitare l’inquinamento creato dai settori farmaceutico, agricolo e sanitario è essenziale per ridurre l’emergenza, la trasmissione e la diffusione di superbatteri, ceppi di batteri che sono diventati resistenti a tutti gli antibiotici conosciuti, e altri casi di resistenza antimicrobica, noti come AMR», si può leggere nel rapporto Unep, che aggiunge che, “si prevede che l’AMR causerà 10 milioni di morti dirette in più all’anno entro il 2050. Questo equivale al numero di decessi causati a livello globale dal cancro nel 2020. Si prevede che il costo economico della resistenza antimicrobica comporterà un calo del PIL di almeno 3,4 trilioni di dollari all’anno entro il 2030, spingendo 24 milioni di persone in più nella povertà estrema. La triplice crisi planetaria comporta temperature più elevate e modelli meteorologici estremi, cambiamenti nell’uso del suolo che ne alterano la diversità microbica, nonché inquinamento biologico e chimico. Tutto ciò contribuisce allo sviluppo e alla diffusione della resistenza antimicrobica». Una minaccia preoccupante per il futuro della specie umana sul pianeta Terra, che si aggiunge alle concatenate, numerose, conclamate, ma allo stesso tempo sottovalutate, avvisaglie di questa persistente “emergenza” climatica globale. Una spada di Damocle di cui potremmo fare a meno, ma dalla quale non riusciamo a sottrarci.

di Valerio Orfeo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui