Il 14 maggio 2024 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 62, che ha dato attuazione alla legge 127 del 2021 con la quale il Governo ha inteso riformare la materia della disabilità. Si tratta del “cuore” della riforma accolta con sostanziale benevolenza ed alcune note critiche.
Anzitutto vi è stato un intervento lessicale importante: recependosi il contenuto della Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità, è stato vietato l’utilizzo di termini quali “ handicappato, persona handicappata, affetta da disabilità, diversamente abile o disabile grave” che sono stati sostituiti, più propriamente, dalla dicitura “persona con disabilità e con necessità di sostegno” riportandosi l’attenzione sulla centralità del concetto di Persona che non può e non deve essere identificata con la sua malattia.
Il sistema di valutazione del sostegno necessario alle persone fragili è stato individuato attraverso l’uso reso obbligatorio dell’ICF, (classificazione internazionale del funzionamento delle persone) che deve sempre integrare il sistema ICD, ( la Classificazione internazionale delle Malattie) che tende ad appiattire l’individuazione dei bisogni delle persone in una prospettiva prevalentemente medicalizzata. Si valorizza dunque l’idea che le fragilità delle persone sono sovente amplificate o dipendenti dal contesto sociale in cui vivono e non solo dalle patologie da cui sono affette. Viene poi semplificata la procedura di valutazione di base rendendola un procedimento unico che comprenderà ogni accertamento dell’invalidità civile fino ad oggi previsto. L’attuazione concreta di questo principio determinerà dunque la fine di quel peregrinaggio delle famiglie costrette a migrare da una struttura pubblica all’altra per ottenere certificazioni necessarie per esercitare ogni singolo diritto.
Ma la grande novità è costituita dalla obbligatorietà dell’attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato quale strumento elettivo per la piena realizzazione della persona. Se il cittadino, che obbligatoriamente dovrà esser informato dell’opportunità subito dopo la valutazione, ne farà richiesta, il progetto dovrà essere obbligatoriamente avviato dall’ambito territoriale sociale in cui ricade il Comune di residenza dell’interessato attraverso la costituzione dell’unità di valutazione multidimensionale. Di essa dovranno far parte, oltre alla persona interessata ovvero chi ne esercita la potestà, una persona nominata dall’interessato con compiti di facilitare l’espressione delle sue scelte, un assistente sociale, un professionista sanitario, un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo, un rappresentante della scuola, il medico di medicina generale od il pediatra Inoltre, per il caso in cui ne faccia richiesta l’interessato, un parente, un medico specialista, un referente dei servizi pubblici o privati di cui fruisce l’interessato, un rappresentante di un ente del terzo settore. La valutazione “multidimensionale” dovrà partire dal rilevamento dei desideri e dalle aspettative della persona interessata, individuare barriere e facilitatori e fare in modo che, in relazione agli spazi di vita scelti dalla persona, le priorità espresse e gli obiettivi dichiarati siano realizzati progettando la messa a disposizione di un budget di progetto, cioè l’insieme di tutte le risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche necessarie per soddisfarle.
C’è da domandarsi se una riforma così complessa riuscirà a scardinare le resistenze di un sistema vetusto e farraginoso come quello attuale; per intanto sono state individuate 9 province italiane, tra esse Salerno per la regione Campania, per sperimentare l’attuazione della riforma per un anno e sono state previste ingenti risorse per la formazione degli operatori coinvolti del nuovo sistema. La nostra convinzione è che il processo di formazione e di informazione non dovrà escludere le persone direttamente coinvolte e le loro famiglie che potranno anche decidere se fruire dell’ausilio degli enti del terzo settore. Anche ad essi, espressione delegata dell’interesse primario portato da chi spesso da solo non ha adeguata forza “contrattuale” è attribuito il delicato compito di coprogettare e coprogrammare il progetto per la vita di tutte le persone che attraversano una condizione di fragilità e che necessitano di supporto.
di Vincenzo Gargiulo –Avvocato e presidente dell’associazione “La Palestra delle Autonomie”