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Terza Municipalità: la prima a Napoli a dotarsi di un Garante per i diritti delle persone con disabilità INTERVISTA
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Sono enormi, spesso insormontabili, in una città come Napoli gli ostacoli che ogni giorno deve affrontare una persona con disabilità, dalle barriere fisiche a quelle culturali. Se il Comune di Napoli ha già istituito da tempo, a livello cittadino, un Garante dei diritti delle persone con disabilità, la Terza Municipalità (Stella, San Carlo all’Arena), presieduta da Fabio Greco, è stata la prima a dotarsi di questa figura sul territorio municipale. Grazie alla nomina diretta, seguita a un avviso pubblico – procedura messa in atto, in vari step, solo dalla Terza Municipalità del Comune di Napoli – il presidente Greco nel marzo di quest’anno ha attribuito l’incarico a Vincenzo Gargiulo, avvocato specializzato nel diritto al lavoro, previdenza e assistenza nonché ex presidente dell’associazione “Palestra delle autonomie”.
Lei è il primo Garante per le persone con disabilità sul terreno municipale a Napoli. Cosa sta facendo?
Sono solo sei mesi che il presidente della Terza Municipalità, dopo un esame delle mie competenze, ha ritenuto di affidarmi questo ruolo, che porto avanti attraverso un confronto costante sulle politiche da mettere in campo con il Garante comunale, il dottor Maurizio Bertolotto. La missione del Garante delle persone con disabilità è doppia: da un lato, si tratta di raccogliere le segnalazioni dei cittadini su qualunque violazione di diritti subita dal cittadino con disabilità; dall’altro, di fare rete e garantire la più ampia partecipazione delle persone più fragili alla vita della comunità per una piena integrazione.
Come mette in atto questi due obiettivi?
Riguardo alla rimozione degli ostacoli che devono affrontare le persone con disabilità, intervengo sia nei confronti di soggetti pubblici che privati per fare in modo che vengano rimossi o che ci si attivi per trovare una possibile soluzione rispetto ai disservizi segnalati. Per questo, ci sono una mail e un numero di servizio dedicato cui ci si può rivolgere (3513774457; 3294295479; il garantedellaterza@gmail.com). Sul fronte più culturale, invece, cerco di mettermi in contatto con tutte le realtà del territorio attraverso la Consulta delle associazioni di volontariato, per far sì che quando si organizzano iniziative pubbliche, possano partecipare anche le persone con disabilità fisica e psichica, programmando, se del caso, adattamenti per rendere l’evento accessibile a tutti.
Quali sono le segnalazioni più frequenti?
I cittadini lamentano in prevalenza la presenza di barriere architettoniche, anche all’interno di strutture pubbliche, che restano, nella stragrande maggioranza dei casi, inaccessibili ai disabili fisici a causa dei gradini o di inadempienze; poi c’è l’annosa questione del parcheggio riconosciuto impropriamente occupato da chiunque; altro problema molto sentito è quello delle difficoltà di mobilità per le persone con disabilità che intendano muoversi, con mezzi pubblici o propri, sul territorio.
Quali sono le possibili risposte?
Alcune cose si possono sicuramente fare: se si tratta di realizzare una pedana o un servoscala, ci vuole un po’ di tempo, ma sono risposte possibili e fattibili tecnicamente. Il vero problema è di natura culturale e riguarda il mondo delle disabilità cognitive e sensoriali. Purtroppo, la nostra società non è ancora capace di includere veramente le persone con disagio mentale, che diventano, per forza di cose, “disabili invisibili”.
Da cosa nascono questa dedizione e il suo impegno per il sociale?
Da motivi professionali e personali insieme. Come avvocato, sono sempre stato impegnato nel diritto del lavoro, della previdenza e dell’assistenza. Come cittadino, la tematica mi riguarda molto da vicino: sono il papà di una ragazza, oggi ventenne, con autismo grave e mi occupo di lei da 18 anni, sin da quando cioè le è stato diagnosticato il disturbo con gravità tre. Per esperienza, posso dire che per questi giovani, non c’è nulla, il vuoto: compiuti i 18 anni, questi ragazzi perdono ogni diritto all’assistenza. Nella migliore delle ipotesi, quando non sono a casa a far nulla, possono accedere a un centro diurno, nella peggiore, trascorrono le loro giornate in una RSA. Proprio per colmare questo vuoto anche istituzionale, circa cinque anni fa, insieme ad altre genitori ho fondato la “Palestra delle autonomie”.
Che cosa è la Palestra delle autonomie?
Un’associazione (è in via Santa Maria ai Monti) che si batte, anche sul piano culturale, per il riconoscimento all’assistenza dei ragazzi con autismo grave incapaci di autodeterminarsi, come appunto mia figlia, e che, nel tempo, è diventata un punto di riferimento per tante famiglie del territorio. L’organizzazione realizza 4 laboratori ludico-ricreativi pomeridiani, condotti dai genitori con i figli, tra cui cucina, decoro e artigianato per la realizzazione di piccoli oggetti, questo anche per garantirsi un sostegno perché tutte le attività sono autofinanziate. Al momento, gravitano intorno a questa realtà circa 30 famiglie.
Quali sono i suoi prossimi obiettivi come Garante e come caregiver?
Diciamo che coincidono: come padre, vedo che mia figlia non ha una sua autonomia quotidiana e per svolgere qualunque attività necessita, come tutti quelli che si trovano nella sua condizione, di una mediazione. L’idea sarebbe quella di progettare possibilità di co-housing, perché si possa pensare seriamente a un “dopo di noi”: anche nella nuova formulazione dell’avviso pubblico, è evidente che i progetti sono tanti ma pochissimi sono i fondi a disposizione. Si tratta di una battaglia di civiltà perché nessuno di noi è immortale. Lo scopo ultimo è quello di fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire una migliore qualità della vita attraverso un progetto personalizzato, come quello che si ipotizza nella nuova riforma della disabilità, e un continuo stimolo da parte della comunità territoriale.
di Maria Nocerino






