NAPOLI- «Conoscevo già Libera perché faccio parte del presidio locale della mia città. È la prima volta che partecipo ad uno dei loro campi nei beni confiscati: tra le tante proposte ho scelto di venire alla Masseria, spinto dal desiderio di aiutare una struttura avviata da pochissimo e persone che stanno facendo rinascere questo posto partendo da zero». È entusiasta, Riccardo, mentre racconta la sua esperienza come volontario nel campo alla Masseria Antonio Esposito Ferraioli di Afragola, il più grande bene confiscato dell’Area Metropolitana di Napoli. 17 anni, torinese, Riccardo è arrivato qui insieme ad altri tre amici, prendendo parte al primo turno, che si è concluso il 4 luglio: «Questi giorni mi sono serviti per diventare più consapevole, per osservare realtà diverse e soprattutto per abbattere tanti stereotipi: durante la visita alle Vele di Scampia, per esempio, sono riuscito ad avere una visione a 360 gradi del quartiere. Mi sono reso conto che ciò che si vede in televisione analizza semplicemente uno spicchio della realtà: il male c’è ma ci sono tante persone oneste e che hanno la volontà di riscattarsi». Ogni estate sono migliaia i giovani e gli adulti che decidono di dedicare una settimana delle loro vacanze a “E!State Liberi!”, i campi di Libera – pensati per singoli, gruppi, minorenni, famiglie – che promuovono il riutilizzo sociale dei beni sequestrati alle mafie e la conoscenza dei territori ospitanti.
Percorso della memoria – Rivolti ad adolescenti dai 14 ai 18 anni, i campi “Liberi alla Masseria!” continueranno fino al 3 settembre. È la prima volta che la struttura di Afragola – intitolata al cuoco e sindacalista di Pagani ucciso dalla camorra nel 1978 – ospita l’iniziativa, vista la sua età: sottratta alla criminalità oltre vent’anni fa e rimasta a lungo in stato di abbandono, il 1° marzo 2017 è stata assegnata a una rete di associazioni e cooperative locali che si occupano della sua gestione, diventando un luogo di costruzione della legalità e di riscatto della dignità, anche attraverso il reinserimento professionale di donne vittime di violenza. «Ogni settimana ospitiamo fino a un massimo di 25 ragazzi, che arrivano da tutta Italia e dormono in tenda e brandina – spiega Giovanni Russo, presidente dell’associazione Sott’e’ncoppa, tra i partner della rete –. Mezza giornata è dedicata alla formazione sul tema dei beni confiscati e del loro riutilizzo e l’altra metà al lavoro». Tra le attività c’è la creazione di un percorso della memoria all’interno del Museo vivente della biodiversità, un frutteto che coprirà una superficie di cinque ettari con numerosissime specie autoctone, molte delle quali in via di estinzione: «A marzo scorso abbiamo piantato 1700 nuovi alberi da frutto, tra cui noci, amarene, sorbe, mele, gelsi, albicocche, con particolare attenzione alle varietà che per motivi commerciali ormai vengono sistematicamente abbandonate. L’idea è di rendere il frutteto visitabile, perciò accanto a ogni filare sarà apposta una targa con il nome di una vittima innocente della criminalità, realizzata dai ragazzi. Loro ci danno una mano, inoltre, nella coltivazione e distribuzione del raccolto ai cittadini, come hanno fatto qualche giorno fa ad Afragola con le prugne, e ora ci stanno anche aiutando a ripulire i colletti delle piante». Fuori dal bene i partecipanti sono coinvolti in passeggiate di quartiere: «Con il primo gruppo siamo stati a Scampia e a Napoli centro, per conoscere altre cooperative che operano sul territorio», aggiunge Giovanni. Oltre alla collaborazione con Libera c’è quella con lo SPI, il Sindacato Pensionati Italiani della Cgil, che per ogni campo invia volontari da tutta la Penisola: «È un valore aggiunto, perché l’apporto di persone che hanno un vissuto significativo è molto importante per i più giovani».

di Paola Ciaramella

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