La Pittoscultura di Silvio Fusco scavalca i muri delle convenzioni, in primis quello che considera l’opera d’arte un oggetto sacro, intoccabile, da contemplare senza potervi entrare in contatto se non attraverso la vista. Con la sua pittoscultura Silvio Fusco, invece, ci sollecita ad instaurare un rapporto fisico con l’arte in generale e con le sue opere in particolare, realizzate con l’ausilio di vari materiali e in altorilievo cosicché, toccandole, possano restituire nell’immediato sensazioni ed emozioni forti al pari di quelle che si provano solo ammirandole. Opere fruibili da ipovedenti e non vedenti, ma anche dai bambini che, notoriamente, vi si avvicinano con curiosità e timore per quell’ammonimento adulto del “non toccare”.
«Il mio approccio alla pittura è antico – racconta l’artista – ma sono approdato alla pittoscultura braille grazie a Caterina, mia madre, diventata ipovedente. Mi chiedeva di farle vedere le mie opere e allungava le mani per toccarle; da lì ho iniziato a crearne di nuove secondo una logica diversa, che contemplasse la fruibilità a persone che non hanno il dono della vista».
Quella di Silvio Fusco è “un’arte improntata non solo sulla dimensione estetica – dice Daniela Marra, esperta d’arte – ma anche su quella etica che, nella cecità storico-sociale di oggi, è un dono di luce in un castello di ombre”.
«Opere coraggiose, delicate e leggere – continua Marra -,  dal simbolismo armonioso che vengono donate al sentire dell’altro come un vero e proprio atto di amore, fertilizzante per l’arte e la vita di Silvio Fusco la cui visione artistica nasce da un giuramento d’amore alla luna, unica luce ed essenza, simbolo materno presente in molte sue opere».  
Nei lavori di Fusco – osserva l’esperta – “pittura e scultura si fondono in una cromaticità animata e sensoriale, materia armonica che si apre al mondo nella sua totalità, colorando l’esistenza attraverso punti luce, i “punti di vista” dell’artista, veri e propri punti di senso”.
Una delle opere di pittoscultura braille del maestro si trova nel magnifico borgo di Valogno a Sessa Aurunca realizzata, con il patrocinio dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, su un grande spazio esterno e, dunque, fruibile alla città; così come nello stesso Borgo ha trovato spazio il primo presepio braille, rientrante nel “percorso di luce” ideato dall’artista insieme al figlio Hemmanuel e di cui fa parte anche “Il ritorno dal mare”, una delle sue ultime opere. Ed è proprio con “il ritorno” che l’artista ci spinge oltre, insegnandoci non solo che “il visibile non coincide con il vedere e il vedere non è visione, ma dando spazio anche a quel “sentire” che accomuna e amplifica il concetto riduttivo del vedere, che genera un’eco emozionale dal grande impatto”.

di Ornella Esposito