NAPOLI – Da ottobre, a Napoli, nel quartiere San Lorenzo, il museo di arte contemporanea Madre con il suo pro-getto artistico “Io sono Felice!” sta trasformando il ruolo del museo e il suo rapporto con il territorio, diventando uno spazio aperto di incontro e confronto sociale e culturale. Lo spazio bianco delle sale del museo non si limita più a essere il solo luogo dell’esposizione artistica, ma anche di produzione da parte dei “non addetti ai lavori”. Il museo Madre, coinvolgendo diverse realtà strutturate all’interno del territorio campano e, sensibili alle questioni sociali che più dividono l’opinione pubblica, come l’accoglienza per i richiedenti asilo, si è trasformato in una piattaforma di incontro culturale ed esperienzale differente. Grazie a un programma di incontri e attraverso lo strumento laboratoriale, il progetto ha coinvolto ragazze e ragazzi provenienti da realtà, vissuti e paesi diversi.
ALBANESE – L’incontro di questa settimana #MadreTerra è stato ideato dal museo in collaborazione con l’ Associazione Artstudio ‘93 e TANA-“Terranova arte natura” e ha coinvolto l’artista Marisa Al-banese che, da tempo, usa il suo linguaggio artistico per rappresentare il concetto di “attraversamento” da lei inteso non solo come movimento fisico e territoriale, ma soprattutto emotivo e psicologico. L’artista, in sintonia con l’esperimento sociale e culturale del progetto, decide di “attraversare” la storia di un gruppo di migranti e la differenza costruita sulla linea del colore della pelle che, ancora, determi-na la loro vita. Un foglio bianco dato a tutte e tutti i partecipanti del laboratorio e una penna attraverso la quale dar inizio un processo di scrittura e di condivisione del proprio vissuto. C’è chi fa prevalere le emozioni e chi mantiene una propria riservatezza. È, attraverso la lettura della parola scritta, che Marisa Albanese vuole dar vita a un processo di attraversamento e conoscenza condivisa dell’esperienza.
WORKSHOP – Sarà proprio la narrazione diretta dell’esperienza l’anello di congiunzione dei 4 work-shop in programma al Madre nei prossimi mesi: il progetto artistico di Silvia Capiluppi che, attraverso la pratica del ricamo, tessirà insieme le storie di violenza di cui sono vittime tanto le donne migranti, quanto le donne dei quartieri della città, realizzando così i “lenzuoli della sorellanza”. Eugenio Giliberti invece, con la tessitura di materiali utilizzati per il lavoro agricolo, creerà una tana di Penelope, le cui fondamenta saranno le storie di chi l’ha tessuta, offrendo un rifugio per il pensiero. Infine, Massimo Scamarcio e Neal Peruffo, attraverso un’installazione che riproduce la “voce” dell’acqua, faranno vivere un’esperienza multisensoriale ai partecipanti, così da far emergere la loro relazione con questo elemento. “Si è fatta l’arte per dominare, per piangere, per pregare. Noi la stiamo facendo per vivere”, così si legge sul muro del Madre e forse è da qui che il Madre stesso muove i suoi passi per allontanarsi sempre più dalla “filosofia del non luogo” dello spazio museale, per avvicinarsi a una riconsiderazione di esso sempre più come spazio inclusivo e meno elitario.

di Emanuela Rescigno