Un gemellaggio tra una squadra di calcio popolare napoletana e una palestinese che ha il merito di accorciare le distanze e di rafforzare la speranza di un futuro degno soprattutto per quei ragazzini costretti a convivere giornalmente con il suono terrificante delle bombe. L’unione, nata circa un mese fa, è quella tra lo Spartak San Gennaro e l’Al Haddaf team, squadra fondata a Beit Lahia nel del Nord di Gaza e distrutta dalla guerra nella Striscia che non accenna a spegnersi. Della compagine partenopea fanno parte calciatori provenienti dai quartieri di Napoli spesso privi di prospettive per i giovani e che, sensibile alle terribili sofferenze dei loro coetanei palestinesi, ha proposto una connessione, per ora ideale ma si spera presto fisica, con l’Al Haddaf Team di cui fanno parte 100 ragazzi di età compresa tra i 6 e i 17 anni costretti ad allenarsi in un campo profughi a Der al Balah nel Sud della Striscia. I bombardamenti hanno infatti distrutto il loro abituale rettangolo di gioco.
Il gemellaggio e le voci –Tra i sugelli del gemellaggio, la proiezione nel pomeriggio di mercoledì al Parco Ventaglieri di Montesanto di una partita con protagonista la squadra palestinese alla presenza dello Spartak San Gennaro e degli attivisti delle realtà del centro storico che sostengono l’iniziativa. A sancire la vicinanza, anche una maglia con gli stemmi delle due squadre e la scritta, in napoletano e in arabo, della frase “Tutt’ eguale song e’ creature’’. «Volevamo dare vicinanza e umanità a questi bambini, che nonostante tutto quanto stia succedendo in Palestina continuano ad avere voglia di vivere e non solo di giocare a calcio» spiega nel corso della conferenza stampa al Parco Ventaglieri la presidente dello Spartak San Gennaro, Ester Sesso. «Da genitore mi chiedo – aggiungere Sesso – quanto tutto questo finirà. Spesso ci mandiamo reciprocamente dei video come auspicio di fratellanza e ci chiediamo quanto tutto questo finirà. Nei sogni io ci credo e mi auguro che presto i nostri calciatori e quelli dell’Al Haddaf team possano giocare insieme». Alessandro Ventura, allenatore dello Spartak San Gennaro spiega: «Noi offriamo sport in maniera gratuita e con i nostri ragazzi (circa 100 d’età compresa tra i 5 e i 17 anni che non pagano alcuna retta per giocare ndr.) affrontiamo spesso tematiche sociali e le immagini provenienti da Gaza hanno scioccato anche loro. Si sono chiesti se che i loro coetanei costretti a vivere sotto i bombardamenti dell’esercito israeliano potessero continuare a giocare a calcio. Da lì, siamo entrati in contatto con l’Al Haddaf Team costruendo questo gemellaggio». Per l’allenatore dello Spartak, il calcio è un «ponte tra popoli, di solidarietà e vicinanza. Da un mese i nostri ragazzi mandano a Gaza messaggi di solidarietà e immagini di schemi tattici e allenamenti e anche i giocatori della squadra palestinese fanno altrettanto, ringraziandoci per il supporto. Proprio grazie al nostro supporto, i ragazzi dell’Al Haddaf hanno deciso di riprendere gli allenamenti sebbene il loro campo sia stato distrutto dai bombardamenti». «Ci sono bambini ai quali hanno tolto l’infanzia e l’adolescenza perché costretti a convivere con la guerra. Oltre che nel calcio popolare, speriamo che nasca un momento di discussione anche nel calcio che conta rispetto alla produzione sempre crescente di armi nel mondo» è l’auspicio di Luigi Volpe, vicepresidente dello Spartak San Gennaro delegato ai rapporti sociali.
La voce dell’Haddaf- Jamil Almajdalawi è un educatore e punto di riferimento dell’Haddaf Team. Con non poche difficoltà è arrivato a Napoli per partecipare alla conferenza stampa per il gemellaggio con lo Spartak San Gennaro. «Giocare a calcio è un modo per far sentire i nostri bambini ancora bambini, è uno strumento per provare a fargli vivere ancora la loro infanzia». La realtà a Gaza resta terribile e le trattative per un cessate il fuoco non hanno ancora sortito l’effetto sperato della fine della guerra. Jamil ne è consapevole, nato e cresciuto anche lui nella Striscia. «Purtroppo i bambini palestinesi sono costretti, dalla realtà in cui vivono, a diventare troppo presto adulti, a fare cose da grandi come fare la fila per il pane, a dare una mano ai genitori o, quando i genitori non ci sono più, a occuparsi dei fratelli più piccoli. La mia speranza e quella del popolo palestinese – dice ancora Almajdalawi – è che si arrivi alla pace e che si possa riuscire a far giocare i bambini palestinesi e i bambini di Napoli sullo stesso campo».
Il messaggio dalla Palestina –In un video messaggio in occasione della partita trasmessa al Parco Ventaglieri e giunto in Italia con non poche difficoltà (grazie soltanto ad alcune sim) l’allenatore dell’Accademia dell’Haddaf, Fadi, ringrazia lo Spartak San Gennaro «per questo evento meraviglioso. È molto importante mostrare la sofferenza dei giocatori e allo stesso tempo ci supporta ad andare avanti. Siete fratelli e amici per noi. Vorremmo essere lì sul campo o parlare direttamente con voi ma purtroppo non possiamo a causa delle tragedie che accadono qui e a causa della guerra e del genocidio in corso. La maggior parte dei giocatori – afferma Fadi – ha perso parte delle loro famiglie, amici e parenti e hanno perso le loro case». Nello stesso video alcuni calciatori della squadra raccontano le loro storie intrise di distruzione con la necessità di lasciare Beit Lahia e trovare riparo altrove per sfuggire dalle bombe dell’esercito israeliano.