Era l’11 dicembre del 1992 quando don Tonino Bello, insieme ad altre centinaia di uomini e donne di buona volontà – “I Beati costruttori di pace” –  percorse in un silenzio spettrale il vialone della morte di Sarajevo, crocevia di cecchini delle opposte fazioni durante l’ultima e sanguinosa guerra consumatasi nel cuore dell’Europa. E’ anche alla memoria di quella marcia della pace, partita dall’Italia e conclusasi nell’epicentro bellico, che si ispira padre Alex Zanotelli quando, parlando del conflitto oggi in corso in Ucraina, fa riecheggiare con veemenza la voce del pacifismo e richiama la Chiesa, in primis i suoi vescovi, al suo ruolo di messaggera di pacificazione. Per padre Alex, missionario comboniano ispiratore di moltissime iniziative per la pace e la giustizia sociale, la guerra ucraina è lo scandaloso ultimo atto di una vicenda incancrenitasi sotto lo sguardo indifferente dell’Occidente; la reazione di questi giorni, l’invio di armi al Paese invaso, è di fatto una inaccettabile azione di guerra; i vescovi persistono in un silenzio assordante, dice, e l’unica soluzione sarebbe mettere Mosca e Kiev intorno allo stesso tavolo e cessare il fuoco. Gli uomini e le donne di buona volontà del Terzo Millennio, guidati dai vescovi, invece, dovrebbero percorrere le strade ucraine sull’esempio della marcia di don Bello.

«Ci sono responsabilità da entrambe le parti – dichiara padre Zanotelli quando analizza le ragioni di un conflitto– Sono evidenti le gravi azioni di Putin, l’aggressore, e la massima solidarietà va espressa al popolo ucraino. Ma non ignoriamo le responsabilità della Nato, il travalicamento del patto siglato da Gorbaciov e Reagan. L’Orso russo è stato stuzzicato, e questo è incredibile. Non si è fatto nessuno sforzo concreto per il rispetto degli accordi di Minsk, un buon trattato per una nazione dilaniata e divisa, e alla fine l’Orso ha dato la sua zampata. L’unica soluzione possibile, sarebbe mettere Ucraina e Russia intorno a un tavolo e trovare un compromesso». L’Occidente, non esente da colpe, oggi reagisce inviando armi agli ucraini: una decisione per padre Alex inaccettabile: «L’Italia invia armi, dunque è di fatto in guerra. E così l’Unione europea. Ma a chi vengono mandate queste armi? A chi arriveranno? Ai contractors? E’ una palese violazione della legge 185 sull’invio di armi a Paesi in conflitto. Una decisione pesante, che fa piombare la nostra nazione, ma anche l’Europa intera, nell’incubo dell’inverno nucleare».

In queste due settimane di escalation bellica il pacifismo ha fatto sentire una voce flebile: «Non nascondo la mia delusione per questo pacifismo di bassissimo livello che non sa farsi ascoltare – dice padre Alex – Eppure una voce forte, carismatica c’è ed è quella di Papa Francesco, vero profeta cui dovremmo prestare orecchio, che ha scandito a chiare lettere che “Non si può parlare di guerra giusta. L’unica cosa giusta è la pace”». Ma a fronte di un Papa pacifista e profeta, continua padre Alex, c’è una Chiesa che resta in silenzio: «Sono deluso. La Conferenza episcopale italiana non dice una parola, non si esprime, e questo è inconcepibile. Ho chiamato, in questi giorni, diversi vescovi per chiedere di lanciare un messaggio forte: riunire i rappresentanti di tutte le conferenze episcopali d’Europa e raggiungere Kiev, capitale di un popolo religiosissimo, e la cattedrale di Santa Sofia, per un pellegrinaggio, anche sotto i bombardamenti. L’esempio c’è, è quello di don Tonino Bello e dei Beati costruttori di Pace nella Sarajevo del 92».

Mentre i bollettini di guerra scandiscono le nuove giornate dei cittadini, una notizia positiva può essere rintracciata nella volontà dell’opinione pubblica di aiutare, di accogliere, di mostrarsi solidale: «Un bel risveglio – commenta padre Alex – ma guardiamo con attenzione a quello che accade ad esempio ai confini polacchi, dove persino l’accoglienza è modulata secondo criteri assurdi. Come se per essere accolti si dovesse avere occhi azzurri e capelli biondi…». Anche per richiamare l’opinione pubblica europea all’accoglienza di tutti i profughi, oltre che per lanciare un messaggio di pace che sia più forte di una bandiera arcobaleno sventolata in una piazza gremita, padre Zanotelli annuncia la possibilità che nei prossimi giorni parta una carovana di nuovo costruttori di pace diretta ai confini con la Polonia che potrebbe poi spostarsi a Leopoli, in Ucraina, grazie all’appoggio della Caritas: «Un segnale piccolo ma importante per tutta l’Europa».

di Bianca Bianco

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