Le testimonianze dei sopravvissuti, il monito all’Europa, il grido d’accusa delle Ong. Il giorno dopo il naufragio avvenuto nel crotonese, che ha fatto registrare oltre 60 morti (un barcone carico di migranti si è spezzato all’alba di domenica dopo essere finito contro gli scogli a causa del mare agitato) il mondo del volontariato e del Terzo settore si interroga sull’ennesima tragedia che coinvolge i migranti che tentano di raggiungere le coste italiane.

Auser Nazionale esprime profondo cordoglio per le vittime di Cutro e le loro famiglie, manifestando «la rabbia per una tragedia che pare senza fine, per chi in questi ultimi anni si è solo occupato di criminalizzare l’immigrazione e le organizzazioni che operano per salvare vite di persone che attraversano il mare per fuggire da persecuzioni, guerre, carestie. Se ci fosse stato un piano, un programma di salvataggio e soccorso europeo, forse queste vite si sarebbero potute salvare. Se un decreto del governo non avesse ridotto l’operatività delle navi delle Ong, forse il destino di queste persone sarebbe stato diverso. I soccorsi non possono essere un crimine». Redattore Sociale (www.redattoresociale.it), invece, ha raccolto la testimonianza di Sergio Di Dato, coordinatore di People in the move, il progetto di Msf con base a Roccella Ionica, che ha prestato assistenza assieme agli altri operatori del team medico di Medici senza frontiere ai sopravvissuti al naufragio: «Ci hanno detto di aver iniziato a nuotare e di essere arrivati a riva, solo una volta in spiaggia si sono resi conto che molti non ce l’avevano fatta. Abbiamo sentito dire che bisogna impedire le partenze, ma siamo di fronte a persone che sono state costrette ad abbandonare tutto, per loro non c’è altra soluzione. Hanno scelto questa rotta per velocizzare l’arrivo in Europa, molti hanno familiari in altri stati Ue». Sempre su Redattore Sociale, è possibile leggere la ricostruzione della dinamica del naufragio e del numero delle persone a bordo: secondo alcuni 170, secondo altri 250 naufraghi. Sea Watch, l’organizzazione tedesca no-profit che opera nel Mediterraneo centrale, affida a Twitter il suo «dolore e sgomento» e rimarca: «Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di missioni di ricerca e soccorso europee è un crimine che si ripete ogni giorno». Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, aggiunge: «Le immagini di questi corpi e di queste donne ci rimandano ad Aylan e a tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni. Il nostro, il mio personale dolore oggi è un invito a non dividersi più. Non è più il tempo dell’indifferenza». SOS Villaggi dei Bambini, che dal 2017 è presente a Crotone con un Programma di supporto psicosociale rivolto ai Minori Stranieri Non Accompagnati e ai giovani del territorio, si unisce alle parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che esorta l’Europa a «governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani». E don Luigi Ciotti, presidente di Libera, spiega: «Nessuno lascia di sua spontanea volontà gli affetti, la casa, la terra affrontando viaggi rischiosi, in mano a organizzazioni criminali e in balia degli eventi atmosferici: freddo, tempeste, siccità. Lo fa solo perché costretto da un sistema economico intrinsecamente violento, sistema che colonizza, sfrutta e impoverisce vaste regioni del mondo. Lo fa perché l’Occidente globalizzato, in nome dell’idolo profitto, gli fa terra bruciata attorno offrendogli in alternativa sfruttamento se non schiavitù».

di Francesco Gravetti

fonte foto Agenzia DIRE (www.dire.it)

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