Un percorso di formazione con un obiettivo chiaro: dare ai giovani che al compimento dei 16 anni per vari motivi hanno interrotto il ciclo scolastico prima del conseguimento del diploma, la possibilità di imparare un mestiere, entrare nel mondo del lavoro con un contratto regolare e, cosa altrettanto importante, recuperare la propria autostima. Il progetto “Sentieri, Ponti e Passerelle (SePoPas)”, giunto alla conclusione dopo due anni dal suo inizio, ha cambiato le prospettive di vita a 38 ragazzi (su un totale di 85 che hanno cominciato i laboratori) provenienti da Napoli, Messina e Reggio Calabria che hanno dovuto loro malgrado fare i conti una settimana povertà sociale ed educativa. Il progetto è selezionato e finanziario dall’impresa Sociale con i Bambini diretta da Marco Rossi Doria e coordinato a livello nazionale e realizzato a Napoli dall”Associazione Quartieri Spagnoli. A patrocinare SePoPas il Comune di Napoli e Giovanni Laino, a nome del Dipartimento di Architettura e coordinatore nazionale. Stamattina al Dipartimento di Architettura, la presentazione dei risultati con le testimonianze dei ragazzi coinvolti. Proprio il vicepresidente nazionale dell’associazione Quartieri Spagnoli, Giovanni Laino, commenta: «Ci abbiamo lavorato per 4 anni, è stata un importante esperienza. I ragazzi sono cresciuti bene. Avevamo l’obiettivo di aiutare questi ragazzi, che negli 8 anni di scuola elementare e medie  si sono autostigmatizzati, a formarsi grazie all’aiuto di alcune attività che collaborano con noi da anni. Alcuni di questi ragazzi sono stati assunti». Il professor Laino chiarisce: «Noi non produciamo lavoro, noi ci occupiamo di ore formazione, aiutiamo questi giovani Neet a camminare. Qualcuno è anche tornato a scuola, come successo ad esempio a Messina dove hanno partecipato anche ragazzi più piccoli». E poi ci sono le storie di questi ragazzi beneficiari, con un futuro più roseo davanti a sé. Laura ha 19 anni, residente ai Quartieri Spagnoli e sta realizzando il suo sogno che aveva da sempre: lavorare come parrucchiera. «Sono in un salone di piazza Dante e sono felice, non cerco altro», dice la ragazza che confida di aver superato la sua timidezza partecipando a “Sentieri, Ponti e Passerelle” dall’età di 16 anni. «Io ero molto brava a scuola – aggiunge Laura- ma quando è cominciata la pandemia e siamo stati costretti alla Dad, non riuscivo più a seguire più le lezioni perché mi stancavo di stare davanti a un PC. Sono arrivata sino al secondo superiore all’istituto professionale Antonio Serra, poi sono stata bocciata». Grazie a questo progetto, sorride la 19enne, «sono rinata e lo consiglio ai giovani che devono ritrovare se stessi e vogliono imparare un mestiere». Christian, 20 anni, parla di “svolta” grazie a SePoPas. «Io non lavoravo, ero per strada -racconta il giovane anche lui del centro storico di Napoli – ma con un tirocinio nel mondo della ristorazione, a cui se ne aggiunge un altro come pizzaiolo, ho fatto nuove esperienze e sono cresciuto come persona». Di «cambiamento» della propria personalità parla anche Francesco, 19 anni protagonista nell’ultimo anno di due tirocini in un ostello e in un albergo della città, dove resterà a lavorare con un regolare contratto di lavoro. «Ho provato con la scuola ma non è stato un successo- ammette Francesco – e anche un altro percorso di formazione non mi ha lasciato soddisfatto. Progetti come SePoPas sono fondamentali per chi non ha concluso la scuola lasciandola attorno ai 16 anni, c’è più pratica e manualità rispetto alla scuola e per me era congeniale. Ne sono uscito più maturo». Anche il 20enne Emanuele ha preso la passione per la cucina, parla dinanzi alla platea e a suo padre Armando (“sono fiero di lui” afferma). «Ci ho passato 10 mesi e mi è piaciuto tanto, nonostante sia stata dura. Sono andato a Milano per 3 mesi non pensavo di resistere ma ce l’ho fatta superando le difficoltà. Prima sono stato anche a Messina, bello anche lì. Voglio continuare a cucinare». Per l’assessore alle politiche sociali Luca Trapanese SePoPas «è un progetto di altissimo livello. I giovani hanno bisogno di essere curati, li vedo come dei nostri figli a cui garantire non solo sostegno nell’istruzione ma anche con esperienze pratiche che crea uno sbocco lavorativo. Fondamentale anche l’apporto degli assistenti sociali e io voglio recuperare questo progetto mettendo anche dei fondi in più attraverso una coprogettazione. Al di là dei numeri, si tratta di un modello vincente ».

di Antonio Sabbatino

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