Ripensare la scuola ai tempi dell’emergenza Covid attraverso spazi alternativi alle strutture sovente inospitali in modo da evitare la formazione di classi pollaio – richiamando anche il tema dell’edilizia scolastica – assumere il personale docente per coprire le ataviche mancanze di organico, utilizzare parte dei soldi del Recovery Fund per lasciarsi alle spalle decenni di mediocre galleggiamento che i tagli soprattutto nel pubblico hanno inciso.

La Rete Scuola e bambini nell’emergenza Covid e le piattaforme Priorità alla Scuola e Allerta Scuola sintetizzano alcune degli argomenti a suffragio della richiesta di cambiamento dell’istituzione scolastica. In Campania la campanella suonerà per la prima volta il 24 settembre e intanto ci si prepara allo sciopero nazionale di piazza del Popolo al Roma del 26, con diversi docenti, studenti e genitori attesi anche da Napoli (sono in corso di raccoglimento le adesioni).

«I fondi del Recovery Fund vengano dedicati per investire sulla scuola. Io non ho paura di mandare mio figlio, che frequenta le elementari, in classe: Io ho paura che con l’alternanza tra le lezioni in presenza e la Dad, come sarà almeno all’inizio, possa perdere interesse nello studio» afferma Roberta Moscarelli, tra le referenti della Rete Scuola e Bambini dell’emergenza Covid-19 in piazza del Gesù questa mattina insieme ai professori poi protagonisti di un’assemblea pubblica a Santa Chiara. Tristana Dini è una delle professoresse precarie ancora nel guado a poco più di una settimana dall’inizio della scuola.

«Le graduatorie sono un pasticcio e nel frattempo non so ancora dove insegnerò quest’anno italiano. Per un periodo ho fatto la docente di sostegno alle sezioni superiori dell’ospedale Pausillipon e per questo dico che il valore della vita è più importante della giusta paura del rischio. Si torni in classe ma si individuino anche spazi alternativi per evitare le classi pollaio, mi chiedo però se ci sia la volontà di farlo». Ananda Ferrentino è da genitore di una bambina di 10 anni che frequenta una scuola a Bagnoli, in attesa di conseguire la specializzazione in insegnante di sostegno, in piazza a sostegno dei movimenti sulla scuola.

«La scuola pubblica è smembrata. Invece di stimolare la sensibilità all’interazione, i docenti sono diventati burocrati». «La scuola avrebbe bisogno di 20 miliardi di euro, invertendo la rotta dei 10 miliardi tagliati nell’ultimo decennio. La didattica a distanza non può essere la soluzione ai problemi: si sta violando l’articolo 33 della Costituzione» ravvisa Marcella Raiola docente di latino e greco al Flacco di Portici e aderente al sindacato dei Cobas.

di Antonio Sabbatino