ROMA- La metà degli alunni (il 49%) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica. Inoltre, l’erogazione del servizio è fortemente disomogenea sul territorio italiano e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate.
È questo il quadro evidenziato dal nuovo rapporto “(Non) Tutti a Mensa 2018” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, in occasione dell’inizio del nuovo anno scolastico.
La ricerca, condotta nell’ambito della Campagna “Illuminiamo il Futuro” per il contrasto della povertà educativa, evidenzia come, ad un anno dall’ultimo monitoraggio, sono ancora molte le scuole che non assicurano ai bambini e alle loro famiglie di usufruire della mensa scolastica che, non solo rappresenta un sostegno all’inclusione e all’educazione alimentare, ma è uno strumento fondamentale per il contrasto della povertà e della dispersione scolastica. In un contesto come quello dell’Italia nel quale si registrano oltre 1 milione e 200mila bambini e ragazzi, il 12,1% del totale (più di 1 su 10), in povertà assoluta e 2 milioni e 156mila in povertà relativa[3], la refezione scolastica dovrebbe garantire a tutti i minori almeno un pasto proteico al giorno, aiutando le tante famiglie in difficoltà, in particolare quel 3,9% dei bambini che ancora oggi non consuma un pasto proteico al giorno.
Invece, rispetto allo scorso anno, il quadro che emerge è preoccupante e sottolinea alcuni peggioramenti: in 9 regioni italiane[5] (una in più rispetto al 2017), oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; inoltre si registra un tendenziale peggioramento in quasi tutte le regioni di 1-2 punti percentuali. La forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più. Sono infatti sei le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05%), Molise (80,29%), Puglia (74,11%), Campania (66,64%), Calabria (63,78%), Abruzzo (60,81%) e Sardegna (51,96%).
IL SERVIZIO MENSA E L’ABBANDONO SCOLASTICO- Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, quattro registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 94,27%, Sicilia 91,84%, Campania 84,90%, Abruzzo 83,92%, Puglia 82,92%), superando ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno. In quattro di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia (Sardegna 21,2%, Sicilia 20,9%, Campania 19,1%, Puglia 18,6% e Calabria 16,3%). «In Italia la povertà assoluta è in continuo aumento. Tra le famiglie in povertà in 1 su 10 è presente almeno un figlio minore, mentre oltre 1 su 5 sono quelle con tre o più figli minori- afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa-. Una mensa accessibile a tutti con un servizio di qualità e uno spazio adeguato, svolge un compito cruciale nella lotta alla povertà, oltre a garantire la possibilità di attivazione del tempo pieno, combattendo efficacemente la dispersione scolastica. Per questo, riconoscere il servizio di refezione scolastica come un servizio pubblico essenziale deve essere una priorità», prosegue Milano.
Sono 33 i comuni che prevedono l’esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, di questi 9 solo su segnalazione e valutazione dei servizi sociali; 5 la prevedono per composizione familiare (in base al numero dei figli). Solo 19 Comuni sui 45 esaminati riconoscono un’esenzione alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia ISEE. Il Comune di Salerno e quello di Vicenza addirittura non prevedono alcun tipo di esenzione.
Anche le agevolazioni risultano frammentate e disomogenee. Nel monitoraggio si è tenuto conto dei tre fattori principali adottati dai singoli comuni in modo esclusivo o cumulabile: reddito, composizione familiare e motivi sociali. Tutti i comuni presi in esame applicano agevolazioni su base economica ponendo ognuno una soglia ISEE differente; 37 di loro modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 28 comuni sulla base di disagi sociali, perdita del lavoro o segnalazione dei servizi. Tra questi i comuni di Bergamo, Bologna, Padova e Palermo riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità. Il requisito della residenza continua ad essere un fattore discriminante per accedere o meno alla mensa scolastica. Sono 28 i comuni che lo applicano come criterio restrittivo (58%) penalizzando molti bambini che per varie motivazioni, non sono ancora residenti nel comune, mentre 17 non ne tengono conto (42%).
Nei comuni presi in esame, le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) ad un massimo di 6 euro (Rimini).
Il risultato di queste differenze è che una famiglia con un figlio in disagio economico (ISEE 5.000 euro), sarebbe esentata dal pagamento solo in 10 comuni, mentre tra i restanti comuni le tariffe applicate variano da 0,35 euro a pasto di Salerno ai 6 euro di Rimini. In 26 comuni, tra cui quest’ultimo, si garantisce però l’esenzione, e dunque tariffa 0 euro, per le famiglie in condizioni di necessità economiche se segnalate dai servizi sociali.