All’indomani dell’ultimo atto del Governo Draghi – l’approvazione, il 10 ottobre scorso, del disegno di legge riguardante le deleghe in materia di politiche in favore delle persone anziane in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti – l’Italia riceve una vera e propria strigliata dal Comitato per i diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite sulla mancata tutela giuridica ed economica dei cosiddetti caregivers.

In altre parole, il nostro Paese non è affatto in linea con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata nel 2009, e a seguito del ricorso presentato nel 2017 dal Coordinamento famiglie con disabilità, gli è stato raccomandato di approvare una normativa ad hoc.

Che l’Italia non sia un paese per vecchi, prima ancora dell’Onu, lo sanno bene gli oltre dodici milioni familiari (fonte ISTAT riferita all’anno 2018) costretti a rinunciare alla propria vita per assistere figli minori o altri familiari malati, un vero e proprio calvario fatto di lungaggini burocratiche, assenza di offerta di servizi adeguati al bisogno e mancanza assoluta di tutele. Al danno del non ricevere aiuti appropriati, e quindi di doversi sostituire allo Stato, i caregiver aggiungono anche la beffa di non essere riconosciuti in termini di diritti e di sostegno economico.

Se poi guardiamo alla omogeneità sotto il profilo della spesa e dell’organizzazione dei servizi socio-sanitari, in assenza di un sistema veramente integrato e di un’approvazione piena dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), va da sé che la sproporzione tra i territori assume quasi i contorni di un buco nero.

In Campania, nonostante la Regione eroghi già da anni gli assegni di cura per disabili gravissimi e gravi, la condizione delle persone non autosufficienti o con scarsa autonomia è decisamente preoccupante sul fronte quali-quantitativo dell’erogazione di servizi socio-sanitari e sociali, aggravata anche dalla frammentazione e parcellizzazione degli interventi a livello centrale.

A quest’ultimo nodo critico ha provato a dare una risposta il  disegno di legge licenziato in corner dal Governo Draghi i cui punti salienti sono così riassumibili: sistema unitario per la non autosufficienza, coordinato dalla Presidenza del Consiglio; finanziamento pubblico con stanziamento di adeguate risorse per  LEPS e LEA; promozione dell’integrazione sociosanitaria con la previsione  di Distretti Sociali accanto ai Sanitari; semplificazione delle procedure per la non autosufficienza e per l’accesso ai diritti riconosciuti attraverso il Punto Unico e le Case di Comunità; progetto personalizzato con approccio biopsicosociale e partecipazione della persona, della famiglia e delle reti di solidarietà, gestito da team di professionisti; budget di cura e assistenza con risorse adeguate; riconoscimento del caregiver famigliare con adeguate tutele; adeguata formazione del personale socio sanitario; nuove forme dell’abitare sociale;
riforma delle RSA per promuovere personalizzazione dei servizi.

Sicuramente il disegno di legge presenta dei punti di forza, o meglio, prova a mettere in campo alcune azioni di carattere generale che dovrebbero alleggerire la vita delle persone non autosufficienti e dei loro datori di cura, come, ad esempio, la creazione di un sistema unitario per la popolazione anziana – fa notare Sergio Pasquinelli su welforum.it -, la riforma dei sistemi di valutazione (da sei passerebbero a due, uno nazionale e uno regionale), così come la riforma dell’indennità di accompagnamento e una maggior integrazione dei servizi domiciliari in termini socio-sanitari.

Ma non mancano – secondo Pasquinelli – zone d’ombra quali l’assenza di previsione di risorse finanziarie, la scarsa attenzione sulle RSA, di cui non di rado si leggono notizie raccapriccianti riguardo al trattamento degli ospiti, il vuoto sul tema dei badanti.

Criticità sono state espresse anche da FISH e FAND, tra le sigle nazionali maggiormente rappresentative dei diritti delle persone con disabilità: «il riferimento al finanziamento delle varie prestazioni sanitarie e socio-sanitarie attraverso fondi già esistenti significa ridurre ancor di più il barile delle già esigue risorse che, in questi fondi, sono dedicate alle persone con disabilità».

E ancora: «la riduzione del monitoraggio sui risultati degli interventi riguardanti LEPS (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali) e LEA».

Perplessità che, insieme a molte altre tematiche, sono state oggetto di un incontro avvenuto pochi giorni fa tra il presidente della FISH, Vincenzo Falabella, e la neo ministra per le disabilità Alessandra Locatelli.

«La federazione – si legge nel comunicato – ha immediatamente espresso preoccupazione per la situazione economica in cui versano le persone con disabilità e le loro famiglie sollecitando e proponendo al Ministro concreti interventi da portare al nuovo Decreto Aiuti».

«È stato poi affrontato – continua – il tema della Legge Delega sulla disabilità entrando nel merito dei decreti applicativi, chiedendo un immediato confronto con gli uffici preposti alla scrittura delle bozze dei decreti. Ed ancora un passaggio sul PNRR e, non per ultimo, tema caro alla federazione, quale il riconoscimento della figura del caregiver familiare».

La speranza, come sempre, è quella di poter vedere nel tempo risultati che nel concreto migliorino la difficile vita di miglia di persone a cui, oggi, sono negati molti diritti fondamentali.

 

di Ornella Esposito

foto © Maurizio Costanzo Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

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