I piedi ben piantati nella sabbia e lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. Mario Luciano, che di mestiere fa il pescatore, è stato il primo a soccorrere i migranti naufragati all’alba di domenica 26 febbraio sulla spiaggia di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. “Gli attimi vissuti quella mattina- racconta con gli occhi gonfi di lacrime- sono rimasti nella testa e non vanno via. Le urla, il buio, i pianti delle mamme che gridavano i nomi dei loro figli, sta tutto qua nella mia testa”. Mario è stato il primo a soccorrere le persone che erano cadute in mare, si è lanciato in acqua ed è riuscito a portare sulla riva almeno sette otto corpi, tutti quanti privi di vita.

“Era buio pesto- prosegue-la prima cosa che ho fatto è stata accendere il flash del cellulare per provare a individuare qualcuno in acqua. Ho tirato sulla battigia diverse persone, ma erano tutte morte. Quando a un certo punto ho preso in braccio un bambino che aveva gli occhi ancora aperti, pensavo di essere riuscito a salvare qualcuno, ma arrivato sulla spiaggia mi sono reso conto che anche lui non ce l’aveva fatta. L’ho accarezzato sul viso e gli ho chiuso gli occhi. Questa cosa mi tormenta”.

 

Mario lo trovi sempre sulla spiaggia dove è avvenuta la tragedia, è come se fosse un soccorritore aggiunto. “Io da qua non me ne vado fino a che non ritrovano gli altri corpi – dice con la pacatezza e la sincerità di chi è pienamente coinvolto- come se in qualche modo mi sentissi responsabile di quello che è accaduto”.

di Walter Medolla

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