Vivono in una sorta di limbo, in uno spazio sospeso tra il bene ed il male. Un nuovo passo falso e cadono nel baratro da dove stanno provando ad emergere, in quella vita fatta di espedienti al limite della legalità, di errori commessi, spesso gravi, seppure ancora giovanissimi. Quella vita che provano a lasciarsi alle spalle andando via da rioni e quartieri che amplificano le storture, fanno da eco a miti che di mitologico ed etico non hanno nulla. Sono i ragazzi delle case-famiglia “Peppino Brancati” e “Mamma Matilde” ai Salesiani di Torre Annunziata, la struttura retta da don Antonio Carbone, nel cuore del centro storico oplontino.

In quella struttura che ha messo al centro la rigenerazione mentale e spirituale, in quella fucina di mestieri vivono quei giovani che, nonostante l’età, hanno alle spalle esperienze spesso al limite dell’immaginazione, fatto di famiglie disgregate, di cadute lungo la strada della legalità, di carcere e di riabilitazione. Sono loro, insieme agli educatori, al rettore e agli altri sacerdoti, che hanno dato vita a “Marzo, una Primavera di legalità”: cinque iniziative che, unite dall’unico filo conduttore, hanno ricordato le donne vittime di femminicio, i morti innocenti di camorra e delle mafie, l’anniversario di Matilde Sorrentino, la mamma coraggio uccisa perché denuncio i pedofili che avevano abusato dei bambini di una scuola di Torre, e hanno omaggiato la figura di don Bosco, fondatore dei Salesiani oltre un secolo e mezzo fa.

«Marzo è un mese importante sul piano dei ricordi, iniziamo ricordando le donne, finiamo commemorando la donna torrese, mamma Matilde Sorrentino, che ha dato la sua vita per i figli e per i bimbi di quella scuola». Ha detto don Antonio Carbone, parlando ai ragazzi che l’8 marzo hanno ricordato 12 delle centinaia donne uccise da chi diceva che le avrebbe amate e protette. L’hanno fatto durante una commemorazione simbolica con delle sedie rosse vuote con un nome stampato e delle scarpe. Hanno ricordato Sharon Barni, la bimba di 18 mesi maltrattata e violentata dal compagno della madre. Rosa Visone, uccisa a 16 anni da un proiettile vagante. Poi, ancora, Victoria Osagie, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Ilenia Fabbri, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placeti e Matilde Sorrentino.

«Prima erano per me solo nomi sconosciuti, poi in questi anni a Torre ho conosciuto i figli, le mogli, i fratelli. Sono morte perché presenti al posto giusto nel momento sbagliato. Le donne possono salvare gli uomini. Ne ho conosciuto diverse che con le loro scelte hanno fatto cambiare in meglio la vita dei loro compagni». Ha continuato il rettore che, il 19 marzo, insieme a don Tonino Palmese e il sindaco oplontino Vincenzo Ascione ha parlato con i ragazzi di lavoro, legalità e corruzione.

di Raffaele Perrotta