Una special box con miscele di caffè, una tisana e una crema spalmabile oltre a una t-shirt con la stama di un luogo creato ad hoc, un cuore con un abbraccio e un bag in tessuto ecosostenibile. Tutto frutto del lavoro svolto in carcere durante un percorso rieducativo che allarghi la prospettiva oltre l’orizzonte temporale della pena da scontare. Le detenute del carcere femminile di Pozzuoli si aprono al futuro, divenendo protagoniste del progetto “Lazzarelle non si nasce, si diventa” promosso dal brand di abbigliamento femminile Silviana Heach e dalla Cooperativa Lazzarelle. La miscela di caffè, la tisana, la creazione delle magliette e il resto del contenuto della confezione sono elementi di speranza, non solo semplici prodotti realizzati in carcere: assumono la forma di una porta verso il futuro superando del tutto il momento, sempre complicato, della carcerazione. La presentazione di “Lazzarelle non si nasce, si diventa” quest’oggi al Palazzo Caracciolo di via Carbonara alla prsenza del Ceo di Silvan Heach Mena Marano, di Imma Carpinello founder della Cooperativa Lazzarelle, Maria Luisa Palma, direttrice della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli e due detenute dello stesso carcere, Anna e Annmaria.

LA VOGLIA DI RICOMINCIARE – Anna e Annamaria, entrambe impegnate nella cooperativa Lazzarelle, ritrovano la voglia di ricominciare superando il periodo oscuro dei reati commessi e della conseguente carcerazione. “Quest’esperienza più che divertirmi mi ha emozionata – dice Anna – L’incontro, l’abbraccio, il fatto di far scoprire all’esterno cosa sia il mondo chiuso dall’interno è un’emozione grandissima. Abbiamo anche scoperto qualcosa di noi stesse che non conoscevamo, questo viaggio e il lavoro mi hanno cambiata tanto, anche nel modo di approcciarmi alle persone e al mondo del lavoro”. Anna non nasconde di doversi riadattare al mondo esterno al carcere e spiega il perchè. “Si ha paura dei pregiudizi, però bisogna iniziare a cancellare quelli che abbiamo dentro di noi per aprirci in modo diverso rispetto all’esterno, anche quelli si possono superare. C’è sempre la paura che il mondo fuori non riesca ad accettare che si è sbagliato e si è scontata una pena, che le persone non ti vedano un domani nello stesso modo. Invece questo progetto dà la speranza di superare tale pregudizio”. Il futuro Anna vuole costruirselo giorno per giorno, ripiantando le radici della felicità esistenziale. “Non mi piace ragionare a lungo termine, adesso sto lavorando per la cooperativa Lazzarelle e mi trovo bene. Ho speranza che questo lavoro riesca a darmi un futuro migliore”. Poi Anna lancia un messaggio a chi come lei ha scontato e sta scontando una pena in attesa di riacquisire la piena libertà. “Che non smettano mai di credere in loro stesse e di trovare le proprie pecualiarità. Io sono sicura che ci sono persone capace di vedere queste potenzialità in ognuno di noi”. Meno loquace ma altrettanto contenta è Anamaria, l’altra detenuta che lavora con le Lazzarelle e protagonista del progetto. “Stare insieme alle altre persone fuori il carcere è bellissimo. All’inizio c’era diffidenza ma con l’aiuto delle amiche della cooperativa Lazzarelle e del progetto l’abbiamo superata. Ora sicuramente abbiamo delle speranze in più per la vita e avere un futuro migliore vedendo le cose da un’altra prospettiva”.

GLI ALTRI INTERVENTI – Maria Luisa Palma, direttrice della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli, dove alcune delle detenute sono protagoniste di un documentario altra parte del progetto, ricorda: “La finalità della detenzione è quella di rieducare. La prima diffidenza da abbattere è quella del comprendere l’importanza di rispettare le regole del vivere civile, in carcere ci sono regole non scritte. Va abbattuta la diffidenza nei confronti della società, dello Stato, delle forze dell’ordine. Il lavoro è complicato ma va fatto perché se anche una sola persona si riesce a convincere, vuol dire che si è fatto un buon lavoro”. Prospettive di vita per evitare l’esperienza carceraria o almeno non ripeterla, come per chi è coinvolto in “Lazzarelle non si nasce, di diventa”. “Non è un caso che le donne che hanno lavorato con noi non sono rientrate in percorsi criminali – afferma Imma Carpiniello della cooperativa Lazzarelle già da 10 anni impegnati al Carcere femminile di Pozzuoli in varie progettualità – Un detenuto costa e cominciare a percepire uno stipendio dall’interno ti dà la possibilità di non essere un peso per la famiglia quando sei dentro e avere qualche cifra da parte quando esci per ricominciare”. Mena Marano, Ceo del brand di abbigliamento femminile Silvan Hean si dice “entusiasta nel sostenere queste donne che meritano di rinascere e di avere una seconda possibilità. Con il duro lavoro alla torrefazione e al bistrot possono auspicare al cambiamento e a un futuro migliore, rimettersi in gioco e non tornare nelle stesse situazioni che le hanno portato a delinquere”.

di Antonio Sabbatino

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