Ogni giorno salvano decine di cuccioli, ma anche cagnolini più anziani dalla cattiveria dell’essere umano, che li abbandona al loro triste destino tra i pericoli della strada. Specie in questo periodo, con la nuova emergenza Covid, tornano gli sciacalli che, pur di arginare le restrizioni, arrivano addirittura a strumentalizzare i poveri animali. Così accade che, come già successo con il lockdown della primavera scorsa, aumentino le richieste di adozioni da parte di chi in realtà non ha nessun interesse a prendersi cura di un cane. A lanciare l’allarme è Carmela Vitale, detta Melina, storica portavoce dell’associazione Rifugio La Fenice A.d.l.a. (Associazione difesa libertà animali) onlus di Ponticelli. Da 21 anni Melina e gli altri volontari occupano la struttura di proprietà comunale in via Virginia Woolf, accogliendo ad oggi 200 randagi. «Adesso sono aumentate le adozioni di cani adulti – spiega Melina – ma già durante la prima quarantena ci chiedevano cani in prestito. Con la nuova emergenza sanitaria ci arrivano tantissime richieste che in realtà nascondono solo l’interesse a poter uscire di casa a tutte le ore in barba ai vari decreti. Come ce ne accorgiamo? Semplice. Quando chiediamo di che taglia lo preferiscano, la risposta è sempre la stessa: qualsiasi taglia va bene». 

Eppure nonostante le difficoltà, non ultima quella che ha riguardato l’odissea della fornitura idrica per la struttura («finora ce la dava la vicina caserma dei vigili del fuoco, poi per fortuna l’abbiamo riavuta dopo che ci hanno risistemato i contatori dell’acqua»), l’eterno problema del Rifugio riguarda il terreno che lo ospita. «Lo abbiamo avuto in comodato d’uso dal Comune. Attualmente occupiamo una particella di quel terreno. Ma per l’Asl 2mila metri quadrati era uno spazio piccolo e quindi non idoneo. Allora chiedemmo di avere l’area attigua per lo sgambamento degli animali, ma siamo ancora in attesa. In pratica saremmo abusivi dove siamo oggi». Tuttavia Melina e gli altri volontari continuano ad andare avanti per amore di questi cani, in mezzo a mille problemi. «Se si rompe un box dobbiamo pagare un ferraio. Fino a prima che scoppiasse la pandemia facevamo un banchetto ogni domenica a piazza Trieste e Trento, che ora è sospeso per ovvi motivi. Intanto le spese ci sono, a cominciare dai 4mila euro che mensilmente ci costa la sede. Fino al cibo per i cani: due bancali al mese, ossia 3 buste di crocchette da 20 chili al giorno per 200 cani costano e da soli non ce la facciamo». Paradossalmente Melina e i suoi colleghi continuano la battaglia contro il randagismo: «nelle ultime settimane hanno abbandonato fuori al cancello un pitbull di 8 mesi, un maltesino con una malattia cutanea e tre cuccioli. Nonostante i tanti problemi, continuiamo ad accogliere tutti, perché per strada sarebbero andrebbero incontro a una morte certa», conclude. 

Di Giuliana Covella