bancoalimentareMILANO –  «Ogni anno il cibo che viene buttato via e sarebbe buono da portare in tavola vale 12,3 miliardi di curo: di questi 6,9 sono i miliardi che i consumatori gettano nella spazzatura. II totale dello spreco equivale a 5,5 milioni di tonnellate di cibo».
Fa il conto Gianluigi Valerin, presidente del Banco alimentare della Lombardia, che nel 2012 ha raccolto e redistribuito 13.370 tonnellate di cibo, con un incremento pari all’8% rispetto all’anno precedente. «Abbiamo lavorato con più industrie e abbiamo avuto una presenza fissa all’Ortomercato – spiega -, una incredibile miniera per noi. Là abbiamo tre volontari permanenti che selezionano frutta e verdura, la portano al nostro magazzino di Muggiò, da dove in giornata riparte». Muggiò è una struttura di 3.500 metri quadrati di capannoni più 900 mq di celle frigorifere, dove il cibo raccolto dai 5oo volontari viene stoccato e messo a disposizione di enti caritativi convenzionati.
«Solo in Lombardia sosteniamo 1.300 strutture, che significa 213 mila indigenti, quasi 46 mila a Milano» spiega il presidente, che è un volontario di Banco Alimentare. Lo scorso anno, del cibo che sarebbe andato sprecato – cioè i 12,3 miliardi di curo – i volontari della Rete Banco Alimentare (che nel 2012, con ii.6oo volontari su tutto il territorio, ha raccolto e distribuito 61.552 tonnellate di cibo a iSoo.ooo persone) hanno recuperato alimenti per il valore di 1 miliardo. Ma l’obiettivo è arrivare al tetto di 6 miliardi. La lotta allo spreco è la missione. «Il 2014 è l’anno europeo contro lo spreco alimentare, ma è anche l’anno in cui verrà meno la normativa Pead, il Programma europeo di aiuti alimentari agli indigenti, che dal 1987 assicura alle associazioni di volontariato generi primari, come olio e pasta, per 58o milioni di curo. Bisogna operare perché tutta la filiera si attivi – conclude Valerin -: la produzione agricola, l’industria agroalimentare, la trasformazione, la grande distribuzione, i consumatori. Dobbiamo capire che il cibo è dono che non va sprecato».

Anna Tagliacarne per il Corriere della Sera (edizione del 9 giugno 2013)

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