protestaprofughiFOGGIA. Per Adamou, Siaka, Toure, Mohammed, Haruna e Abou la loro vita «non vale 500 euro». Vale molto di più. E soprattutto, al bonus uscita in denaro, previsto al termine dell’Emergenza Nord-Africa, i sei profughi preferiscono i reali processi di integrazione. Quelli che portano alla formazione lavorativa, alla conoscenza di un mestiere che può spalancare le porte dell’occupazione. Per questo, il 28 febbraio, quando sono stati mandati via dall’Hotel Miramonte di San Giovanni Rotondo in cui sono stati ospitati in questi mesi di Emergenza, hanno rifiutato i 500 euro. E sono andati davanti al Comune per protestare, per chiedere di trasformare quei soldi in proroga di accoglienza. Ma la loro richiesta non è stata ascoltata.
LA PROTESTA DEI PROFUGHI. I sei migranti, però, hanno continuato ad affermare con forza e decisione i loro diritti. Senza indietreggiare. «La nostra vita – hanno detto – non vale 500 euro – . Vogliamo, invece, che l’opportunità che ci è stata fin qui data diventi anche occasione di lavoro, altrimenti abbiamo aspettato tutto questo tempo inutilmente». In due arrivano dalla Libia, altri due dal Niger, gli altri da Mali e Burkina Faso. Sono giunti in Italia nei mesi più caldi della Primavera Araba. Sono stati accolti presso un albergo della città di San Pio. Tanto tempo libero a disposizione. Forse troppo. Ma loro sei decidono di investire in quel tempo a disposizione. E partecipano al progetto “SOS Legalità”, un’iniziativa che prevede anche corsi di formazione per imparare i mestieri in via d’estinzione. Seguono i corsi da fabbro e da orafo. Perché al termine dei laboratori potranno entrare in una cooperativa lavorativa. Ed il loro sogno di speranza sarà soddisfatto.
UN B&B COME NUOVA CASA. Ma al termine dei corsi manca ancora un mese. E senza un posto in cui stare, in cui vivere, diventa difficile proseguire il percorso intrapreso. «Per questo, hanno protestato, hanno rifiutato i 500 euro ed hanno chiesto di poter essere ancora ospitati. Perché vogliono concludere i laboratori ed avere un’opportunità di lavoro» spiega Paola Sala, del Comitato accoglienza migranti di San Giovanni Rotondo. E sono proprio i volontari del Comitato, che in questi mesi ha avviato numerosi momenti di socializzazione in paese, a sostenere i sei profughi nella loro “battaglia”. E grazie all’intervento di don Andrea Lauriola, da ieri sera i sei migranti hanno una nuova casa. Una giovane coppia di sposi di San Giovanni Rotondo, infatti, ha messo a disposizione, a titolo assolutamente gratuito, il loro Bed and Breakfast inutilizzato. E così, Adamou, Siaka, Toure, Mohammed, Haruna e Abou possono proseguire i laboratori da fabbro e da orafo fino al 31 marzo. Poi, per loro l’Emergenza sarà solo un ricordo e si dovrebbe trasformare in inserimento lavorativo. Mentre per gli altri profughi accolti insieme a loro nell’Hotel Miramonte, è già iniziato il viaggio verso la Germania, la Francia, la Svizzera. Per loro, forse, l’Emergenza continua.

di Emiliano Moccia

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