Un tabù che ancora oggi persiste, soprattutto in ambito familiare. Il tema della sessualità approcciato alle persone con disabilità, anzitutto cognitive, resta una scatola sigillata all’interno della quale non si scruta mai. O quasi mai. A provare a infrangere il muro dell’ipocrisia e della repressione sessuale, ci pensano ad esempio le attività svolte dall’associazione Andare Oltre di Portici, in provincia di Napoli. La presidente, Lina Esposito dice subito: «Le esigenze sessuali e dell’autoerotismo riguardano tutti, anche soggetti che convivono con disabilità sia fisiche che mentali.

Non è una vergogna sapere come ci si possa masturbare o mostrare il proprio desiderio nei confronti di un’altra persona. Ma in famiglia non se ne parla mai, i genitori reputano i loro figli degli eterni bambini, ma invece si cresce e le pulsioni arrivano. Si tratta della naturalezza delle cose». Per permettere ai 15 ospiti, donne e uomini di età compresa tra i 20 e i 40 anni e anche più con disturbo dello spettro autistico, sindrome di Down e altri ritardi cognitivi, di conoscere meglio l’argomento e le sue sfaccettature le discussioni sulla sessualità hanno un focus centrale. Divisi in due gruppi, uno il lunedì e il mercoledì e l’altro il martedì e il giovedì, mentre il weekend è dedicato ad altre attività anche in esterna per accrescere l’autonomia con l’obiettivo di dare strumenti agli stessi ospiti di potersi staccare prima o poi dalla chioccia familiare, il confronto è libero e senza ansie. «Disegniamo gli uomini e le donne con tutti gli attributi sulla lavagna – sottolinea Esposito – e grazie all’ausilio di una sessuologa, (la dottoressa Raffaela De Simone del Cardarelli ndr.) e di psicologi, i nostri ospiti pongono delle domande sul sesso perché si incuriosiscono. L’hanno fatto anche scrivendo delle lettere in forma anonima, così possono esprimersi in modo libero, senza pagare dazio alla timidezza». In famiglia, invece, come già accennato, il sesso è argomento mai discusso. Sul punto, la presidente di Andare Oltre è risoluta nel pensiero. «Il problema resta nelle famiglie. Al proprio interno i percorsi di autonomia di chi ha lo spettro dell’autismo o altre difficoltà cognitive non vengono affatto intrapresi. La mancanza è soprattutto nei nuclei in cui vivono persone autistiche o con altre difficoltà mentali, meno in quelle fisiche comunque presenti. Abbiamo messo in guardia i genitori dal pericolo che i loro figli delle idee sul sesso possano farsele consultando internet, dove si trova di tutto. È capitato che alcune ragazze e ragazzi l’abbiano fatto e quando poi l’hanno espresso nella nostra sede, si percepiva confusione. Al contrario noi organizziamo la discussione in modo pacato, sereno, cercando di non lasciare mai di soddisfare ogni quesito».

Non solo, Lina Esposito aggiunge: «Un’altra discussione emersa con loro è proprio quella relativa alla masturbazione, anche i genitori devono spiegare ai loro figli come si fa perché è una cosa naturale. Si parte proprio da lontano. Io anche ho un fratello con una disabilità intellettiva e quando vedo la porta chiusa della sua stanza non mi sono mai permessa di entrare, magari stava vivendo un suo momento ed è sempre giusto rispettare i suoi spazi». In molti contesti familiari, invece, tutto ciò spesso manca. Lina afferma una cosa che può sembrare anche scioccante o fastidiosa da leggere, ma in realtà è parte del quotidiano. «Addirittura si è saputo che alcuni genitori hanno masturbato i propri figli, non in grado autonomamente di farlo in quanto nessuno aveva spiegato loro la tecnica. A me dispiace dire cose del genere – si rammarica la presidente di Andare Oltre – ma è capitato anche questo a tutto danno delle ragazze e dei ragazzi». Nel corso degli anni sono stati diversi le proposte di legge e disegni legge, sia alla Camera che al Senato, di istituzione della figura dell’assistente per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale (presenti già in vari paesi europei, dai Paesi Scandinavi all’Austria, dalla Germania alla Svizzera) che partivano dai principi dei diritti sessuali equiparabili ai diritti umani e anche dal contenuto della sentenza della Corte Costituzionale del 1987 in cui si richiamava la sessualità come “uno degli essenziali modi di espressione della persona umana’’. L’Italia però sembra essere in ritardo sebbene già nel 1993 anche l’Assemblea generale dell’Onu abbia approvato un documento in cui si parla del diritto per le persone con disabilità il diritto di fare esperienza della propria sessualità, di vivere all’interno di una relazione, di essere genitori, di essere sostenuti nell’educazione della prole da tutti i servizi che la società prevede per i normodotati, compreso il diritto di avere un’adeguata educazione sessuale’’.

Di Antonio Sabbatino

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