Cento associazioni ed enti, due sigle sindacali e quasi settecento singoli hanno firmato un documento contro la nuova linea guida sull’autismo di bambini e adolescenti elaborata dall’Istituto Superiore della Sanità. Per i sottoscrittori si tratta di un peggioramento della linea guida numero 21 risalente al 2011.

Una polemica che va avanti da alcuni mesi e che investe anche una problematica delicatissima come l’utilizzo dei farmaci antipsicotici su bambini e adolescenti; a prevederne l’impiego sono state, dal febbraio 2021, le raccomandazioni sui farmaci della nuova linea guida che, lamentano i firmatari dell’appello,  suggerisce questo tipo di terapia «pur basandosi su una qualità delle prove bassa, contro il parere degli stakeholder e contro tutte le linee guida esistenti nel mondo, che condizionano l’uso di questi farmaci a precise situazioni, come la compresenza di condizioni psichiatriche per le quali sono stati sperimentati, la cessazione entro tempi limitati e la vigilanza sui risultati con visite frequenti». Contro queste raccomandazioni sono state già raccolte quasi 25mila firme online per chiedere che vengano ritirate.

A questa lamentela si aggiunge quella sulle terapie psicologiche e pedagogiche speciali. A fine novembre, infatti, 2022 l’Iss ha inviato in consultazione agli stakeholders la parte della linea guida sugli interventi non farmacologici definiti “psicosociali”.  In questo caso, sostengono i sottoscrittori, “il panel analizza le prove con grande severità, quella solitamente usata per i test sui farmaci, che non aveva neppure adottata per le raccomandazioni uscite nel febbraio 2021, ed esclude così dal suo esame quasi tutte le sperimentazioni che usualmente si fanno nel campo “psicosociale”, anche perché considera troppo piccole quelle con meno di 100 casi trattati». In sostanza, il panel esclude la maggior parte degli interventi basati sulla terapia Aba, tutte le migliaia di sperimentazioni effettuate fra il 2015 e il 2022, in Italia e all’estero, vengono scartate e tutti gli interventi definiti “psicosociali” vengono classificati con «qualità delle prove molto bassa», pur raccomandabili  ugualmente tutti. In questo modo tutti i centri delle Asl e quelli convenzionati potranno continuare ad erogare solo «un paio di ore di logopedia e psicomotricità alla settimana, senza provvedere con quelli effettivamente più efficaci», tra i quali «gli interventi intensivi precoci, che garantiscono maggiori autonomie e abilità nel corso della vita e sicuri risparmi futuri in termini di assistenza».

«Purtroppo – si legge nell’appello- per problemi di bilancio, il servizio sanitario nazionale dovrà privilegiare tutti quegli interventi che costeranno meno e la Conferenza Stato Regioni, in fase di aggiornamento delle Linee di indirizzo del 2018, non potendo comparare tali interventi dal punto di vista dell’efficacia, sarà indotta soltanto a risparmiare sulla spesa. Pertanto, il rischio è proprio questo: inserire nelle Linee di indirizzo solo quegli interventi psicoterapici e pedagogici speciali che hanno costi pubblici bassi indipendentemente dalla loro reale efficacia, senza valutare, caso per caso, quali utilizzare in base ai bisogni, che sono fortemente differenziati.  Le Regioni, tutte in sofferenza di bilancio, si adegueranno alla scelta del maggior risparmio immediato».

Nel caso in cui invece una famiglia optasse per un intervento psicoeducativo che ritiene più efficace ma più costoso e non inserito nel nomenclatore tariffario dei livelli essenziali di assistenza o nelle linee guida  regionali, dovrà pagare. Una circostanza che i firmatari considerano «inaccettabile e poco etica, perché rinnega i principi di equità del Ssn e della legge 134/2015 sull’autismo e potrà alimentare il mercato delle terapie a pagamento».

di Bianca Bianco

 

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