Una mancanza di strutture comunali per l’accoglienza nelle occasioni di emergenza evidente, come nuovamente sottolineato da chi si occupa di dare supporto delle persone con fragilità. Dopo l’incendio dell’ex mercato ortofrutticolo di via Gianturco del 1 maggio scorso dove dimoravano senza autorizzazione 130 rom e sinti, parte dei quali rimasti a dormire rimasta a dormire all’addiaccio in attesa di soluzioni, si è riaperto il dibattito sulla necessità per Comune di Napoli di individuare ulteriori edifici adatti in caso in cui si è costretti a intervenire celermente per trovare un riparo a chi d’improvviso non l’ha più. Il devastante rogo di domenica scorsa, con buona parte di Napoli Est avvolta in una coltre di fumo acre, ha costretto Palazzo San Giacomo a trovare in fretta e furia una soluzione di alloggiamento alle famiglie d’origine romena scampate alle fiamme, tamponando una situazione complicata. In 45, compresi donne e bambini con malattie oncologiche, sono stati trasferiti all’ex scuola Deledda di Soccavo, nei fatti l’unica struttura comunale adatta ad affrontare subito la problematica dell’accoglienza emergenziale. Già in passato la scuola Deledda ha ospitato nuclei familiari d’improvviso senza più un posto dove stare, compresi gli stessi rom del campo abusivo di Cupa Perillo di Scampia parzialmente distrutto da un altro pesante incendio dell’agosto 2017.

La richiesta di intervento – Alcune delle famiglie rom e sinti di Gianturco costrette alla fuga, perplesse nell’accettare le soluzioni prospettate, hanno preferito rimanere all’aperto o farsi ospitare momentaneamente da conoscenti prima di considerare l’ipotesi di tornare in Romania. Per altri ancora, ha prevalso e sembra prevalere ancora oggi incertezza. «Napoli non è in grado di affrontare un’emergenza del genere, nè quella di un terremoto o di un’alluvione. Ci vorrebbero dei centri dedicati h24 che ora non ci sono. Soltanto l’Arcidiocesi di Napoli si è mossa davvero insieme a qualche altro, le istituzioni dovrebbero agire diversamente» afferma Antonio Esposito della Caritas Diocesana, sul posto del rogo per portare cibo e acqua ai rom in attesa di recuperare i propri effetti personali.  «La notte susseguente l’incendio – aggiunge Esposito – i rom sono rimasti all’aperto tutta la notte per cercare di recuperare soprattutto i propri documenti (operazione difficile soprattutto nelle ore successive il rogo quando le condizioni di sicurezza non erano ancora garantite secondo quanto affermato da vigili del fuoco e forze dell’ordine ndr.) per evitarne la sottrazione come successo a tanti dopo il precedente incendio del campo rom di Barra. Come si intende agire per loro?». Anche Alex Zanotelli, il padre comboniano che vive da anni a Napoli e che ha partecipato a un tavolo tecnico con parte della giunta comunale, la Diocesi di Napoli a partire dall’arcivescovo Metropolita Mimmo Battaglia, la Protezione Civile e altri enti dopo essersi incontrato con i rom di via Gianturco per dare loro sostegno, si è mostrato indignato per la condizione dei rom rimasti senza un tetto. Da qui, la richiesta di un’azione immediata ed efficace. «Abbiamo procurato noi delle coperte e accompagnato queste persone alla stazione per trovare un riparo, in via Gianturco non si sentono tranquilli» è la conferma che arriva anche da Marisa Esposito dell’associazione onlus Nea, che si occupa anche di garantire una scolarizzazione dei bambini rom.

La risposta di Trapanese – E allora che fare? Il Comune si sta preparando per un’organizzazione più capillare delle emergenze? A rispondere è Luca Trapanese, assessore al Welfare della giunta di Gaetano Manfredi. «Premesso che stiamo garantendo vitto e un letto ai rom alla Deledda, effettivamente il tema c’è –  ammette Trapanese –  Le strutture di accoglienza il Comune di Napoli le ha pure, ma non sono pronte» nelle immediatezze di una tragedia. Dunque? «Con la dottoressa Mariarosaria Cesarino, dirigente del servizio Welfare, stiamo cercando di attivare e ripristinare alcune strutture con l’aiuto del Patrimonio, l’assessore al Patrimonio Laura Lieto e Napoli Servizi». Qualche riferimento preciso? Indovinate quale. «Stiamo lavorando per ampliare la stessa scuola Deledda con una piccola tendopoli» risponde Trapanese. Basterà?  No, nulla è mai abbastanza ma dobbiamo partire da zero perché in passato è stato fatto poco» ammette l’assessore al Welfare non sbilanciandosi oltre rispetto ad altri centri idonei all’accoglienza emergenziale. Sintomo che la questione resta intricata da risolvere in tempi certi e veloci.

di Antonio Sabbatino

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