NAPOLI. Il tacco di una scarpa di donna incastrato in una grata della metropolitana milanese e una donna peruviana che avrebbe bisogno di un piccolo prestito, che nessuna banca le dà, per consolidare il suo commercio di sussistenza. Due donne che tutto fa considerare lontanissime. Non per Teresa Boccia, unica italiana chiamata a far parte dell’AGGI (Advisory Gruoup on Gender Issues) organismo consultivo delle Nazioni Unite istituito per valutare l’ottica di genere nelle politiche, i programmi e i progetti dell’Agenzia dell’ Onu, Habitat.
In occasione della giornata mondiale dedicata all’habitat che l’Onu celebra ogni anno il primo lunedì di ottobre, abbiamo incontrato la professoressa Boccia, nel suo ufficio, al Lupt (Laboratorio di Urbanistica e Pianificazione Territoriale) dell’Università Federico II dove insegna Urbanistica ai futuri architetti; la sua è una stanza dove il rigore dell’accademia è ingentilito da rigogliose piante, e per cominciare proviamo a districarci fra le sigle.
“UN-Habitat è l’ufficio dell’Onu che decide i programmi, progetti e le politiche che riguardano la qualità della vita degli insediamenti umani, cioè il dove e come vivono le persone con particolare attenzione per quelle che vivono nelle città che sono il 60% della popolazione mondiale.
Faccio un esempio: sappiamo che di queste oltre un miliardo vive nelle baraccopoli, ecco, uno degli obiettivo di UN-Habitat è di dimezzare questo numero entro il 2020”.
“L’AGGI è un nuovo organismo consultivo di Habitat ed ha il compito di valutare che siano introdotte e soprattutto attuate politiche che tengano in considerazione che le città sono abitate anche dalle donne. Le città sono abitate da corpi che hanno età, capacità, abilità e quindi esigenze diverse. Compito dell’ AGGI è quello di favorire e orientare le politiche di genere, il mainstreaming cioè far sì che le esigenze delle donne, cioè lo sguardo di genere sia trasversale e presente in tutti gli i programmi, i piani, i progetti, i finanziamenti dell’Onu”.
Sono diciassette, quindici donne e due uomini, gli esperti chiamati a far parte dell’AGGI, profili che arrivano non solo dal mondo accademico, ma anche dalle associazioni di base, dalle istituzioni dei Paesi del sud del mondo, realtà verso la quale dovranno rivolgere uno sguardo privilegiato.“La povertà è la prima forma di globalizzazione, e le donne la patiscono di più, a tutte le latitudini, una delle nostre sfide sarà quella di ridurre la povertà femminile, favorendo condizioni di sviluppo e di sicurezza urbani a misura di donna”. Una misura di donna che si costruisce puntando sulla rete delle donne, è una sua convinzione di vita, del resto, ed infatti rivela “senza una bella rete di solidarietà fatta di donne, non avrei potuto studiare, insegnare, spostarmi di frequente e crescere 3 figlie nel mio paese d’origine lucano, Lauria dove ho voluto fosse la casa di tutti i miei ritorni. E senza la rete di donne costruita in anni di attività accademica ed associativa in tanti paesi del mondo non sarei mai stata chiamata a far parte dell’AGGI”.
di Laura Guerra