MILANO. Un richiedente asilo Sahrawi è stato rimpatriato in Marocco, nonostante la sentenza del tribunale di Milano che stabilisce il suo diritto a restare in Italia. S. B, 42 anni, con gravi problemi psichici, dal 21 maggio scorso era trattenuto nel Cie di via Corelli, in seguito alla pronuncia della commissione territoriale, che dichiarava inammissibile la sua richiesta d’asilo. Mercoledì la corte ha sospeso il provvedimento. Ma cinque giorni prima la questura di Milano aveva già organizzato la sua espulsione. «Non hanno aspettato la decisione del giudice – afferma il suo avvocato Livio Neri, dell’associazione “Avvocati per niente” – che stabilisce che per motivi sanitari gravi, non può essere rimpatriato”.
L’AVVOCATO – La notizia è arrivata dall’Unchr, interpellato dall’avvocato per fare chiarezza sulla situazione dell’uomo. L’avvocato Neri infatti non aveva notizia di S.B da una settimana. All’interno del Cie non è permesso tenere cellulari e questo pomeriggio l’avvocato si è recato al centro, proprio per comunicare la sentenza al suo assistito, che avrebbe dovuto essere rilasciato immediatamente. «Non mi hanno fatto entrare – spiega il legale – e la questura mi ha invitato a chiedere un accesso agli atti, una procedura che, nella mia esperienza, comporta due o tre settimane di attesa». L’avvocato, era preoccupato per l’incolumità del suo assistito, a causa dei problemi psichici e della dipendenza dall’alcol di cui soffre. Poi l’avvocato ha contattato Elena Behr, della commissione nazionale dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati, che, sentita la questura, è stata informata dell’espulsione.

LA STORIA – S.B è in Italia da 20 anni e ha vissuto a lungo a Bologna. «È stato trattenuto per un periodo nel Cie di via Mattei», racconta Piero Fanesi, il legale che lo assisteva prima che arrivasse a Milano. Nel 2009 ha ottenuto la protezione sussidiaria (valida per tre anni), anche sulla base della documentazione medica e delle sue origini. Il popolo Sahrawi infatti è perseguitato in Marocco, dove non viene riconosciuto come minoranza. E la maggior parte della popolazione vive nei campi profughi nel deserto algerino.
La protezione gli è stata poi revocata nel luglio del 2011 dalla commissione nazionale per il diritto d’asilo. Gli è stata confermata invece la protezione umanitaria (valida un anno), per motivi di salute. Ma nel gennaio di quest’anno, su richiesta della questura, «per la pericolosità del soggetto», spiega Fanesi, gli è stata revocata: S.B è stato accusato di reati di furto, aggressione e danneggiamento. Tutto ciò, sottolinea l’avvocato Neri, «nonostante il parere negativo del ministero degli Esteri».

IL RICORSO – La storia non finisce qui. S.B presenta personalmente ricorso dal carcere di Bologna, dove si trovava in quel momento. Ricorso che viene dichiarato inammissibile perché manca il difensore. Fino al 21 maggio, quando, dal Cie di via Corelli, presenta una nuova richiesta d’asilo, questa volta alla commissione territoriale di Milano. Domanda che viene nuovamente respinta. A questo punto l’avvocato prepara il ricorso contro la decisione di inammissibilità e lo vince. Peccato che qualche giorno prima altri avessero già deciso il futuro di S.B., organizzando il rimpatrio.

di Rebecca Montini

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