oasi_fanciulloNAPOLI – Il 30 giugno l’Opera del Fanciullo chiuderà, dopo 64 anni. Una storia fatta di solidarietà ed impegno, che va a scontrarsi (ed è sul punto di colare a picco) con la burocrazia e le decisioni che arrivano “dall’alto”, in questo caso dalla Soprintendenza, che al posto dell’Istituto ha deciso, nell’ambito di un progetto di riqualificazione dell’area, di sistemare dei laboratori di ceramica. Lo sfratto era un timore che aleggiava già da diversi anni, da quando la soprintendenza aveva deciso di non rinnovare il contratto con l’Opera (rendendola di fatto abusiva), ma che tra pochi giorni diventerà una realtà.
«La soprintendenza, – spiega Fernanda Spena, responsabile della struttura, – afferma di avere avviato un programma di finanziamento con fondi europei (già bocciato nel gennaio 2013 ma riproposto il mese successivo) per ristrutturare tutte le palazzine del bosco di Capodimonte e realizzare laboratori di ceramica, disegno e pittura contemporanea». Una soluzione del genere non lascerebbe spazio all’Opera del Fanciullo, che sarebbe costretta a chiudere non avendo nell’immediato altri locali dove proseguire con le attività. «Il mio appello al Ministro per i Beni culturali e ambientali, – aggiunge Spena, – è di proseguire nell’impegno dell’ex ministro Ornaghi, ovvero mediare con la soprintendenza locale per una proroga alla permanenza dell’istituto Opera del Fanciullo all’interno dell’eremo».

I LABORATORI – Attualmente nella struttura i ragazzi hanno trovato una seconda casa. Anche quelli più problematici hanno imparato ad apprezzare le attività creative, che, ci tiene a precisare Spena, sono altamente formative e non si limitano ad essere dei passatempi. I corridoi della struttura sono interamente decorati con i prodotti creati nei laboratori di pittura e di ceramica, l’orto è coltivato grazie all’aiuto di un contadino e, due volte alla settimana, ci sono le prove di pizzeria (con un pizzaiolo esperto), giusto per soffermarsi su alcune delle numerose attività che intrattengono e soprattutto formano i ragazzi tra le mura dell’eremo.
LA FRASE – Tra i partecipanti alla manifestazione di domenica 5 maggio, tenutasi all’eremo proprio per dire “no” alla chiusura, anche molti politici che si sono già battuti per proteggere la scuola ed hanno promesso di continuare a farlo, per cercare di scongiurare il pericolo chiusura. Anche Roberto Fico, neoparlamentare, si è impegnato a nome del Movimento 5 Stelle di portare il problema all’attenzione della Camera dei Deputati: «cominceremo da subito a fare tutto quanto è possibile per non far sfrattare l’Opera del Fanciullo».
A meno che non ci siano colpi di scena dell’ultimo minuto, quindi, l’Opera del Fanciullo resterà solo un ricordo ed i ragazzi seguiti (circa 140 all’anno, con punte che hanno toccato i 200) torneranno alla vita di tutti i giorni, nella maggior parte dei casi da passare in quartieri che non prospettano nulla di buono. La frase simbolo della giornata, presa in prestito da Victor Hugo, è quanto mai indicativa: “chi chiude una scuola apre un carcere”. Inutile girarci intorno: i ragazzi, tutti dai 3 ai 14 anni, saranno restituiti al disagio, con tutto ciò che ne consegue. Responsabilità comprese.

di Nico Falco

 
 
 

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