NAPOLI — Circa sessantamila tonnellate di percolato da rifiuti tossici che si infiltrano nel sottosuolo e nella falda acquifera. Un processo di contaminazione inarrestabile che minaccia l’ambiente e ipoteca la salubrità dei luoghi fino al 2064. Un’era apocalittica, quella prospettata dall’inchiesta della Dda di Napoli e dal pm titolare delle indagini, Alessandro Milita, sulle attività delle ecomafie nella zona di Giugliano, Parete e Villaricca.

IL TRIANGOLO DEI VELENI – Un triangolo nel quale il clan del boss ergastolano, Francesco Bidognetti, contro cui è stata formalizzata l’accusa di disastro ambientale, ha scaricato dall’inizio degli anni ’90 oltre 800 mila tonnellate di rifiuti, di cui circa 30 mila tonnellate di scorie provenienti dalla Acna di Cengio, l’Azienda Coloranti Nazionali e Affini in attività fino al 1999. Il commissario alle bonifiche, Mario De Biase, ex sindaco di Salerno, fa spallucce: «Tutto vero per quanto riguarda gli sversamenti illeciti — dice —. Ma finora, per amore di verità, devo pure aggiungere che dalle analisi che abbiamo effettuato attraverso l’Istituto superiore di Sanità su campioni di frutta e ortaggi provenienti dalle aree a ridosso delle discariche, e parlo da Santa Maria a Cubito al bivio di Parete verso il Lago Patria, non abbiamo riscontrato nulla di preoccupante. Certo, i pozzi esaminati sono risultati inquinati, non contaminati. Così come un altro elemento che dovrebbe far riflettere è il fatto che l’inquinamento è quasi sempre uniforme a monte come a valle, e ciò mi fa pensare che non vi è un luogo specifico, magari a ridosso di un invaso, più danneggiato di un altro. Ora stiamo per completare le analisi sul terreno, ma secondo alcune anticipazioni anche qui non vi sarebbero dati particolarmente allarmanti».

A TUTELA DELLE IMPRESE AGRICOLE – Daniela Nugnes, consigliera delegata all’agricoltura del presidente della giunta regionale, Stefano Caldoro, in queste ore invoca un tavolo permanente di lavoro con l’assessorato regionale all’ambiente per far fronte all’emergenza. «Occorre tutelare le imprese agricole e i consumatori — dice Nugnes, avvocato, consigliere regionale di Mondragone, figlia di un imprenditore vittima di lupara bianca —. Magari intensificando i controlli e seguendo rigorosamente la tracciabilità del prodotto, dato che in quelle zone la produzione di frutta e ortaggi resta particolarmente intensa. La settimana scorsa abbiamo presentato il progetto Ecoremed per la bonifica dei suoli inquinati nel Sin (siti contaminati di interesse nazionale, ndr) Litorale Domizio-Agro Aversano assieme a CIRAM-Università degli Studi di Napoli Federico II, il cui project manager è il professore Massimo Fagnano; l’assessorato all’agricoltura della Regione Campania; l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania e Risorsa Srl. Si parte con un protocollo operativo per la bioremediation dei suoli contaminati basato su tecniche agricole ed eco-compatibili, in particolare attraverso l’impiego di micro-organismi e compost di qualità si procede alla bonifica del suolo e del sottosuolo agricolo. Un progetto della durata quinquennale: il primo di questo tipo sperimentato in Italia. Con una coltivazione dedicata in grado di assorbire elementi tossici e componenti inquinanti contiamo di recuperare i suoli più danneggiati. La scorsa settimana mi è stato presentato un’altra proposta universitaria che punta a ripristinare la coltivazione della canapa nelle aree particolarmente colpite dall’inquinamento: coltivazione che, a quanto pare, funziona benissimo e con notevoli riscontri scientifici nell’opera di bonifica e recupero del terreno. Certo, resta il problema della falda acquifera, ma qui occorre intervenire con strumenti specifici. Occorrono fondi finalizzati. Per questo ho chiesto all’assessore all’ambiente di formalizzare nel più breve tempo un tavolo permanente».
BONIFICHE ANNO ZERO – Per Giovanni Romano, assessore regionale all’ambiente, non si è proprio all’anno zero sul fronte delle bonifiche. «I problemi dei siti contaminati o inquinati li conosciamo bene sin dalla relazione Balestri, il perito della procura della Repubblica — spiega Romano — anche se fa sempre un certo effetto leggere dalle cronache quanto male sia stato fatto, negli anni, al territorio. Nell’agosto 2010 stanziammo 39 milioni di euro per la bonifica dell’area Resit di Giugliano e tutte le attività in corso sono svolte sotto stretto controllo dell’autorità giudiziaria. Sono state svolte analisi di superficie, del sottosuolo e della falda acquifera. Finora, gli esiti sono stati incoraggianti. Ora, con il piano regionale delle bonifiche, grazie al quale sono state individuate sette aree tra Napoli e Caserta, una nell’agro nocerino-sarnese, sono stati selezionati cinquanta siti veramente contaminati. Mi vengono in mente Lo Uttaro a Caserta o il Foro boario e Cava Masseria Monti a Maddaloni, dove abbiamo rinvenuto trecento fusti di benzene. Il piano sarà operativo all’inizio del prossimo anno. Occorrerebbe circa un miliardo di euro, ma spero di poter ottenere almeno un terzo delle risorse necessarie per poter mettere mano a una parte di queste zone seriamente compromesse». E il tavolo permanente? «Un lavoro sicuramente da realizzare — conclude Romano — anche perché ambiente e agricoltura non possono che camminare di pari passo sul fronte di queste emergenze e per il pieno recupero delle aree stuprate dalla camorra».

di Angelo Agrippa (corrieredelmezzogiorno.it)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui